L'unica e sola prenotazione di questo di questo viaggio nel sud della Francia, è stata all'Hotel Le Corbusier, camera studio all'interno dell'Unità di abitazione di Marsiglia. Tutto il resto al caso.
Come ogni studente di architettura che si rispetti, su Le Corbusier ci ho sbattuto il naso - o meglio la testa - diverse volte, tanto che non è la sua prima opera che appare nei nostri viaggi in Franza. Due anni fa, nel Tour del nord, siamo passati per Belfor - non proprio di strada - per ammirare la splendida Chapelle di Ronchamp.
Quest'anno la tappa d'obbligo è Marsiglia, che in quanto porto, brulicante e zozzo, mi attirava già di per se...
L'autostrada ti porta in bocca alla città, come in una seconda Genova, ti ritrovi sulla strada sopraelevata che costeggia gli imbarchi dei traghetti sulla destra e il pendio scosceso ed affollato di edifici sulla sinistra.
Singolare déjà-vu urbano.
In pochi minuti eravamo al Vieux Port, ti si mostra proprio come te lo immagini: una lunga lingua d'acqua che penetra la città, l'ingresso è scandito da due edifici fortificati di roccia ocra, a sancire i confini con il mare, quello vero.
Quai de Rive Neuve: clacson, ormeggi, parcheggi, passanti.
Miracolosamente orientati con le due mappe che abbiamo sulle guide ci dirigiamo verso sud: Rue de Paradise, Avenue du Prado, Buolevard Michelet.
Se non fosse stato per quella corsia preferenziale degli autobus che non potevamo percorrere saremmo arrivati immediatamente alla meta. Abbiamo dovuto prendere un po' la mano con i sensi di traffico, ma poi, alla Cité Radieuse, ci siamo arrivati.
Ognuno di quei mostri multipiano che la imita, ci si presentava davanti millantandone l'identità.
-" E' questo?" chiede Nathan.
-" ah bho... potrebbe essere, ma mica mi sembra... ma ce ne sono talmente tante..."
Poi ecco l'insegna, Hotel Le Corbusier, e il suo profilo ci appare irraggiato dalla luce della sera.
Come ogni studente di architettura che si rispetti, su Le Corbusier ci ho sbattuto il naso - o meglio la testa - diverse volte, tanto che non è la sua prima opera che appare nei nostri viaggi in Franza. Due anni fa, nel Tour del nord, siamo passati per Belfor - non proprio di strada - per ammirare la splendida Chapelle di Ronchamp.
Quest'anno la tappa d'obbligo è Marsiglia, che in quanto porto, brulicante e zozzo, mi attirava già di per se...
L'autostrada ti porta in bocca alla città, come in una seconda Genova, ti ritrovi sulla strada sopraelevata che costeggia gli imbarchi dei traghetti sulla destra e il pendio scosceso ed affollato di edifici sulla sinistra.
Singolare déjà-vu urbano.
In pochi minuti eravamo al Vieux Port, ti si mostra proprio come te lo immagini: una lunga lingua d'acqua che penetra la città, l'ingresso è scandito da due edifici fortificati di roccia ocra, a sancire i confini con il mare, quello vero.
Quai de Rive Neuve: clacson, ormeggi, parcheggi, passanti.
Miracolosamente orientati con le due mappe che abbiamo sulle guide ci dirigiamo verso sud: Rue de Paradise, Avenue du Prado, Buolevard Michelet.
Se non fosse stato per quella corsia preferenziale degli autobus che non potevamo percorrere saremmo arrivati immediatamente alla meta. Abbiamo dovuto prendere un po' la mano con i sensi di traffico, ma poi, alla Cité Radieuse, ci siamo arrivati.
Ognuno di quei mostri multipiano che la imita, ci si presentava davanti millantandone l'identità.
-" E' questo?" chiede Nathan.
-" ah bho... potrebbe essere, ma mica mi sembra... ma ce ne sono talmente tante..."
Poi ecco l'insegna, Hotel Le Corbusier, e il suo profilo ci appare irraggiato dalla luce della sera.
Il corridoio - la strada interna - di distribuzione degli alloggi è la fine del mondo. Psichedelico: dall'oscurità emergono i colori primari delle porte rosse, delle cassette delle lettere gialle e di misteriosi box antistanti le porte, di colere verde, blu e giallo. Tutto illuminati ad hoc. Un manierismo moderno dai toni tipografici.
Prendiamo spazio della nostra cellula studio.
Prendiamo spazio della nostra cellula studio.
E' uno spazio lungo e stretto, arredato in modo minimalista e funzionale.
Legno in terra, pannelli in cartongesso alle parete del centro, nicchie nella parete di destra e dietro al letto un mobile di legno che da un lato è armadio, dall'altro comodino. Vicino alla porta, la cabina doccia e un lavandino.
Una domanda nasce immediata dalla mia prima ispezione (e dall'esigenza):
- " Dov'è il cesso?"
Eh, il cesso... esco dallo studio e nel vano che precede il corridoio, oltre alla porta gemella alla nostra, trovo una terza porta.
Iddu, il cesso.
O meglio uno sgabuzzino piccolo piccolo, senza finestra che contiene giusto la tazza e lo spazio per aprire e chiudere le porte. Non uno spazio accogliente, ma come dire, sicuramente funzionante.
Non l'ho fotografoto, sono parziale lo ammetto, voglio far fare solo bella figura al Maestro.
La nostra piccola camera, ha anche un terrazzino e interessantissima è la porta finestra di legno e il suo gradino di legno con piano incernierato sopra dei tubi metallici.
Legno in terra, pannelli in cartongesso alle parete del centro, nicchie nella parete di destra e dietro al letto un mobile di legno che da un lato è armadio, dall'altro comodino. Vicino alla porta, la cabina doccia e un lavandino.
Una domanda nasce immediata dalla mia prima ispezione (e dall'esigenza):
- " Dov'è il cesso?"
Eh, il cesso... esco dallo studio e nel vano che precede il corridoio, oltre alla porta gemella alla nostra, trovo una terza porta.
Iddu, il cesso.
O meglio uno sgabuzzino piccolo piccolo, senza finestra che contiene giusto la tazza e lo spazio per aprire e chiudere le porte. Non uno spazio accogliente, ma come dire, sicuramente funzionante.
Non l'ho fotografoto, sono parziale lo ammetto, voglio far fare solo bella figura al Maestro.
La nostra piccola camera, ha anche un terrazzino e interessantissima è la porta finestra di legno e il suo gradino di legno con piano incernierato sopra dei tubi metallici.
L'infisso è visibilmente progettato ad hoc, dei ricorsi in basso ricordano delle mensole, ma una volta seduta sul gradino di legno che precede la finestra si capisce bene che hanno la funzione di braccioli. La maniglia è assai originale.
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Inutile dire che - nonostante il cesso scomodo - essere dentro un opera come questa è assai elettrizzante, ti si rivelano particolari che i libri ignorano e ti fanno apprezzare il prodotto abitazione in relazione con i tempi in cui è stato concepito, molto di più di quello che può fare lo studio sui libri. Ricordo che l'inaugurazione è stata attorno ai primi anni 50 e che il progetto gli fu affidato dal Ministero per la ricostruzione nel 1947 per sopperire all'esigenza di alloggi dopo la guerra.
Rifocillati, siamo pronti per gli ambienti comuni che hanno fatto la fortuna di questo edificio.
Infatti questa non è l'unica unità di abitazione progettata da Le Corbu, ma è l'unica fortunata.
Gli altri casi, da Nantes, Berlino, Firminy non hanno avuto una buona riuscita.
Per problemi economici il progetto originale fu decurtato di parti fondamentali, come gli ambienti in comune.
Si perchè una delle logiche che muove questo progetto è quello di riprodurvi la scala del villaggio, in verticale. Le Corbusier arriva ad un ordine di grandezza compreso tra 300 e 400 famiglie, ovvero tra mille e duemila persone, quella che secondo lui corrisponde all'unità sociologica del villaggio. Da una parte l'alloggio deve garantire la privacy di chi lo abita, dall'altra deve favorire la socialità con la comunità e sgravare dai problemi del quotidiano.
Sulla base di queste ipotesi, sviluppa i moduli abitativi composti cellule multiple, aggregate tra loro in base al numero di persone che abitano l'alloggio, che si innestano nella ossatura portante come "la bottiglia e il portabottiglie". Gli alloggi si abbinano secondo una logica testa coda.
Ci vorrebbe un disegno per spiegare il tutto, ma cerchiamo di capirci a parole: il corridoio - la strada, quella psichedelica - si trova ogni due piani; dal corridoio si accede agli alloggi; in quello sulla destra per esempio, si accede nell'ingresso, cucina e soggiorno, le scale poi conducono al livello di sotto; quello a sinistra, è analogo, solo che invece di scendere si sale. Così attorno al corridoio si dispongono due alloggi su due livelli occupando tre piani. Chiaro no?
Tutto questo mi rifrullava in testa mentre ci spingiamo fino al tetto.
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Anche perchè, diciamolo, aveva fatto una bischerata. Per accedere alla zona soggiorno era necessario passare dentro alla camera matrimoniale... ahi ahi...
La signora ci spiega che c'è un impianto di riscaldamento centralizzato, ma non ci sono radiatori, ci sono bocchette che immettono aria calda di inverno e fungono da tiraggio forzato di aria esterna d'estate. Non necessitano dell'insano condizionatore. Lo spero anche per il nostro soggiorno nello studio.
La signora ci spiega che c'è un impianto di riscaldamento centralizzato, ma non ci sono radiatori, ci sono bocchette che immettono aria calda di inverno e fungono da tiraggio forzato di aria esterna d'estate. Non necessitano dell'insano condizionatore. Lo spero anche per il nostro soggiorno nello studio.
Da Citè Radieuse, Marsiglia, Le Corbusier |
Scendiamo e entriamo direttamente nella grande camera padronale illuminata da una ampissima finestra con gli stessi infissi lignei del nostro studio. Oltre ad essere belli e comodi, ci dice la nostra guida, sono anche funzionalissimi. Sono doppi vetri ed isolano rumori e vento. Facciamo una prova, ed in effetti, la città resta fuori.
Da Citè Radieuse, Marsiglia, Le Corbusier |
Da Citè Radieuse, Marsiglia, Le Corbusier |
Penetriamo a tal punto l'appartamento, che ci va vedere anche il bagno.
Originariamente non era piastrellato, era pitturato con la vernice da barche.
L'ispirazione all'uso intenso dello spazio che si fa nelle barche ritorna in tutti gli arredi originali. Le armadiature dell'ingresso hanno tutti i pannelli a scorrere e pure un sottofondo che raggiunge il piano di calpestio.
Una ulteriore fonte di ispirazione di Le Corbusier sembra sia stato il piroscafo, infatti aveva precedentemente attraversato l'oceano per andare a seguire un progetto in Argentina, e questi colossali transatlantici dove tutto lo spazio è calcolato nell'uso e nella forma avevano colpito il suoi interesse.
La stanza del cesso è molto simile a quella del nostro studio, è collocata al centro dell'appartamento con accesso dal disimpegno comune. Le altre due camere rispondono al modulo del nostro alloggio con tanto di terrazza. Sono separate tra loro da una parte fissa e una mobile, in modo di poter sfruttare sia lo spazio aperto che separato. Per di più che una porzione di quella mobile è una lavagna così da far scrivere i bimbi con i gessi.
Da Citè Radieuse, Marsiglia, Le Corbusier |
Terzo arcano svelato, sono le gabbie sul soffitto delle terrazze. Trattasi di grate applicate solo nelle terrazze delle camere dei bambini per impedire che questi o i balocchi, volino al piano terra per un percorso non ortodosso. Geniale! Super accessoriato, e non solo per gli anni '50, e tutto di capitolato!
Consiglio vivamente un soggiorno in questo "palazzone", che nulla a che vedere con quelli delle nostre degradate periferie e che ha ancora molto da insegnare, nonostante la sua età.
Altre foto: Citè Radieuse, Marsiglia, Le Corbusier
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