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martedì 7 agosto 2007

Diario di viaggio: Normandia e Bretagna • Luglio 2007 (II PUNTATA)

17 luglio 2007

Notte sudata all’hotel Confort di Strasburgo, nessuno nel momento della prenotazione ci aveva precisato l’assenza dell’aria condiziona, che a quanto pare sembra una costante del nostro viaggio francese. Complessivamente il giudizio è positivo, ospitale, carino e dignitoso, vicino al centro e all’autostrada. Senza colazione, non compresa ovviamente nel prezzo ci siamo avviati verso il centro. Collocata L’Ammiraglia al sicuro in un centrale parcheggio interrato vicino al gigantesco museo di arte moderna ci siamo avviati verso il centro sotto un cielo grigio grigio per niente promettente. Ci ero già stata, nella città di frontiera sede del Parlamento Europeo, circa 16 anni fa. Un viaggio premio per un concorso del Movimento per la Vita al quale avevo partecipato con la classe, senza sapere chi lo bandiva o cosa si vinceva. Giuro!! Non mi gustai la città in quel frangente, così impegnata a scansare funzioni religiose e proseliti. Da questa seconda visita non mi aspettavo molto di più, anche se ho avuto alcune rivelazioni. Primo: il passaggio coperto sul canale che abbiamo attraversato per giungere nella zona del centro. Tetro, con le facce delle statue abbandonate lì, in una sorta di scantinato a vista. A Nath è piaciuto un sacco, gli sembrava suggestivo e romantico… a me solo suggestivo, tanto da non poterlo apprezzare con distacco, questo suo genius loci! Poi, la Cathédrale de Notre Dame, dalla facciata calda, in una pietra rosata, diversa dagli esempi di gotico visti a Parigi, e tutto il tipico quartiere che le sta intorno. Qui ho iniziato ad avere sentore di non trovarmi proprio su di una rotta battuta in questo periodo, nel senso che molti negozi erano chiusi per ferie e, se due più due fa sempre quattro, forse questo di fine luglio non è proprio il periodo di apice turistico della Francia del nord, meglio così, anche se un po’ di shopping fa sempre bene! …ma non penso che mancheranno occasioni.
Un aneddoto interessante, o meglio sarebbe dire il primo smacco al raffinatissimo francese del mio Nathan: seduti ad un caffè, chiede alla cameriera, insieme al conto, una penna per me, chiamandola “plume” . La giovine non capisce e lo guarda con occhi bovini, al che io da italiota imbranata con le lingue, gli faccio il semplice gesto di scrivere e la tipa esclama: “Ahhh!!! Un stylo!!”. Povero AmoreMio come ci è rimasto male, lui ancora affezionato alla lingua di Chateaubriand e Maupassant! È stato un sacco di tempo a pensarci sopra: “…eppure i francesi non hanno dialetto, parlano tutti uguali, a scuola mi hanno insegnato che si dice plume”. È preciso l’AmoreMio, mica come me, lui ci crede nella forza della lingua, nella correttezza degli accento e tutte quelle robe lì. Chissà come farà a sopportare la mia dislessica distrazione, alibi dei miei orrori ortografici!
Tornando a Strasburgo, penso che avrò bisogno di una ulteriore visita perché la luce di questa mattina, così spenta e scabra, non ce l’ha fatta apprezzare in pieno, non ha valorizzato i suoi quartieri di case basse con facciate a graticcio, le sue ampie piazze e i suoi canali navigabili. Dopo un pranzo veloce siamo ripartiti verso nord, prossima tappa Reims. La campagna che abbiamo attraversato prima di arrivarci è immensa e incommensurabile. Reims è nella regione dello Champagne, ma si vedono molte più rotoballe abbandonate su campi oro che vigne verdi lungo l’autostrada che vi giunge. Dalla guida Routard abbiamo attinto un indirizzo di una chambre d’hote a 20 km dal centro abitato, in una fattoria. Arrivarci non è stato facile, abbiamo girato intorno al nucleo cittadino alla ricerca della direzione giusta, trovata per esclusione. Sarà il caso di procurarci mappe più dettagliate. Raggiunta l’accogliente e singolare sistemazione per la notte, corriamo nuovamente per quelle strade deserte immerse nei campi che raggiungono la città. Io non mi capacito della luce, è giorno fino alle 22,30. Haivoglia Nathan a spiegarmi che siamo più a nord e più ad est, per me non è naturale.
Con una gran botta di xulo, troviamo aperta la cattedrale, esempio favoloso di gothique flamboyant. Fruiamo furtivamente dell’interno deserto lasciandoci la facciata per dopo. Dentro, la vetrata blu realizzata per l’abside da Chagal e quell’immensa altezza, quella distanza tra l’uomo e il divino, tipica del Gotico d’oltralpe. Fuori la facciata, pullulante di animali mostruosi e di figure divine, che maestosamente, dignitosamente comunicano tutta la loro complessiva magnificenza, anche in una piazza sventrata da cantieri di manutenzione. Due passi nel centro, un occhio ai negozi, alle bottiglie ed una cena veloce a base di stinco di maiale, una robina leggerina

Mappa del viaggio

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