23 luglio 2007 |
Lo avevo già capito prima di addormentarmi ieri sera, ma appena sveglia, ne ho conferma: scegliere la camera sopra la cucina non è stata una gran trovata! Chissà quante me ne dirà Nathan! Mentre, ancora tra le coperte, penso questo, lui balza giù dal letto e aggredisce il giorno, o meglio, sono io quella ferita dalla luce. Una luce atona che entra accesa e monocorde dalla finestra.
Pioggia, ancora pioggia, anche per oggi. Quando chiediamo agli indigeni del tempo, tutti ci confermano che qui è classicamente piovoso, ma non a Luglio e non così! Si parla sempre del tempo piovoso dell’Irlanda, ma del tempo piovoso della Normandia non parla nessuno? Comunque, per noi cambia poco, anzi di sicuro, per i lunghi spostamenti in auto, è meglio, però per le visite, i paesaggi, per fare il turista insomma è ‘na scocciatura. Stamani in programma c’è la seconda visita al Mont Saint-Michel, quella per vedere salire la marea! Ho scocciato un poco Nathan con questa storia ed orami la devo portare fino in fondo, anche se visto l’alta densità di turisti, non ho nemmeno troppa voglia di tornare al “castello”.
Sarà questo fenomeno delle maree che ci rende un po’ nervosi? Se è vero che l’uomo è fatto del 70% di acqua, qualcosa cambia anche in noi in un’area geografica soggetta ad un simile fenomeno, no?
Nonostante lo spentolio, riusciamo a rimanere a letto fino alle 9.30. E pensare che la signora dell’ufficio turistico ci aveva consigliato un allettante un pellegrinaggio all’Abbazia, con partenza alle 7.00 da Genets per percorrere a piedi i 7 km (più 7 al ritorno) nel fango lasciato dalle maree! Che peccato ce lo siamo persi! Scendiamo, trasportiamo i nostri bagagli attraverso le strettoie della cucina con un po’ di difficoltà e ci mettiamo in cammino per la San Marino normanna. Parcheggiamo distanti e c’incamminiamo digiuni e un pochino rugginosi tra di noi. Siamo entrambi vittime di una muta incomprensione. È questa che ci porta a perderci, ad aspettarci e infine, a chiamarci davanti all’accesso al Monte. Io avrei voluto vedere l’acqua muoversi sotto l’effetto delle maree, dal basso, passeggiando sulla sabbia, ma secondo Nathan è meglio osservabile dall’alto. Forse ha ragione, e ci appollaiamo insieme a tanti turisti su di un bastione ad aspettare l’onda anomala.
Diciamo che mi sembra di aver visto salire l’acqua, lontano. Misurando con occhio miope il crescere delle pozze, lontane. Insomma, la grande onda non c’è stata, e forse questa seconda visita è stata un po’ inutile… La guida in italiano che origliavo ieri, diceva che questo fenomeno è più intenso quando la luna è piena o nera, è però! Dopo aver tirato umido, ripartiamo ancora più irritati cause varie: il silenzio tra noi, la processione che intasa i vicoli dentro le mura, le bancarelle e gli stupidi souvenir. Nath mi cede la guida e ci dirigiamo verso St. Malò, alle 14.00, digiuni ed irritati. La peggiore delle situazioni di coppia! Tempo-tre-km-tre sbotto in una mezza scenata, tra la fame e la schizofrenia, che però ha un merito, quello di portare alla pacificazione e alla sosta per il pranzo, fortunatamente in un luogo speciale. Un posto memorabile, La Rustique, bistrò modesto, economico e assai consigliabile, sulla strada che congiunge il Mt. St. Michel a St.Malò. Qui il CuoreMio ha preso il “menù da operai” - come si dice in francese tesoro?
(Nathan: «menu ouvrier») – menù che per soli 9,00 euro comprende entrée a buffet, piatto del giorno - nel caso specifico tacchino - formaggi al vassoio per servirsi a proprio gradimento, dolce e anche (corsivo) i’bere! Davvero!
– Prendilo anche te, no? Non vedi quante cose? Dai prendilo!
– No! Non mi va oggi il tacchino, uff.
Bhe, ancora un po’ di ruggine da smaltire, ma l’abbiamo dissolta portata per portata, saziandoci. Più amorosi, dopo una bottiglia di cidro, ci avviamo verso St. Malò, che a pensarci bene è la prima tappa Bretone di questo nostro tour. Infatti il Mont Saint-Michel segna un po’ il confine tra le due regioni, un confine discusso e disputato, sembra nato bretone e divenuto normanno …
(Nathan: come per il sidro, se ne contendono la migliore produzione, neanche fosse poi sta delizia…) i soliti conflitti da terra al limite. Lungo la strada, il cielo si apre e ci concede anche qualche attimo di sole. Siamo satolli e non possiamo approfittare della miriade di banchini sul lungomare, che propongono vendita e degustazioni di molluschi! Ahh, le ostriche! È già una settimana che siamo qui e non le ho ancora mangiate! A Nathan non piacciono, quindi non le mangiamo, cioè quando scegliamo dove cenare, cerchiamo sempre qualcosa che proponga valide alternative, spesso troppo valide, tanto da preferirle alle ostriche! Uff!
(Nathan: ed è qui che inizia a proferire la sua terribile minaccia riguardo alle ostriche)
Ci fermiamo a passeggiare sulla sabbia lasciata ad asciugare al sole per il ritiro delle acque. I colori sono stupendi, gli azzurri di cielo e terra si fondono e dissimulano la linea dell’orizzonte. Poesia. Siamo attratti dalle protuberanze della sabbia, se così si possono chiamare, disposte millimetricamente alla stessa distanza tra di loro. Ne risulta una distesa di sabbia punteggiata da monticelli di sabbia fatti da bacherozzolini di rena avvorticciolati su se stessi, come le cacce di qualche animalino, chiaro no? Vedi qui. Annuncio QUIZ: ricompensa per chi risolverà il mistero dei bacherozzi sulla spiaggia!
Arriviamo a St. Malò senza rendercene conto, parcheggiamo vicinissimo al centro, sempre per sbaglio, e rimaniamo indecisi sul da farsi. Dal cielo viene giu un’acqua, ma un acqua… classico, quando viaggiamo c’è il sole e appena mettiamo il piede fuori diluvia. Ma a St. Malò siamo stati anticipati! Alla fine scendiamo, ma la città non c’entusiasma. Sarà l’acqua, sarà la folla, fatto sta che ai nostri occhi St. Malò, è solo una cittadella militare in pietra scura, con una bella cinta muraria e un bel forte. Non ha niente di quella dolce e romantica attrattiva delle città fiorite che abbiamo visitato fino ad ora. Camminiamo per le vie e cerchiamo qualcosa che ci faccia ricredere, ma niente. Mangiamo un tipico dolcetto burroso più per gola che per fame, scattiamo giusto due foto, per ricordare che ci siamo passati e ripartiamo.
- Dove andiamo ora?
- A Dinard – faccio io – ricordi? Ti avevo detto che la guida la consiglia, dice che è una bella cittadina con fortificazioni turrite.
Nathan guarda la carta.
- Uhm. A Dinard? Sicura? Non era Dinan? Sono due città diverse!
- Sìsì! ho controllato D I N A R D!
- Se hai controllato…
(Nathan: eh eh :-)
Ed avevo controllato giuro! Parola di lupetto! Ma mi succede spesso, uff! Quando conosco due cose insieme, con i nomi simili poi, mi confondo! - Può essere dislessia? - Arriviamo sul posto e di turrito non c’è niente. Dinar«d» è carina, una cittadina un po’ anni ‘50, mare, tende a strisce sulla spiaggia per ripararsi dal vento, ristoranti, “casino” (non è un errore “o” e non “ò” in Francia si scrive così). Ci appropinquiamo a trovare un ricovero per la notte. Andiamo a visitare un albergo ad una stella, visitiamo e veniamo via… triste-triste… puzzone! Quello che visitiamo dopo, lo scansiamo perché 60,00 euro, per una doppia, abituati agli Chambre d’Hote, ci sembrano troppi.
Ripartiamo da Dinar«d», allontanandoci dalle mie ostriche in vendita al ristoratore sulla spiaggia.
Andiamo-andiamo-andiamo, fino a St. Lunaire, un po’ sconsolati dai precedenti tentativi andati buca.
Il paese non sembra molto grande. Notiamo un’insegna: “Hotel Richmond”. Un nome inglese? Che strano. Nathan lo vorrebbe scartare a priori perché dice di aver visto delle auto di lusso parcheggiate fuori. Io invece ho intravisto una certa trascuratezza nel giardino, che pare una prerogativa degli alberghi scarsi e non di lusso. Ci decidiamo a verificare chi, tra di noi, ha ragione. Tatttattttaaaa!! VINCO IO, ma non ne gioisco! Ci troviamo davanti ad una pensioncina da anziani con la minima di pensione, dove l’arredo è coevo agli avventori e l’odore di minestrina gradito. L’addetto a tutto - ricevimento clienti, servizio a tavola, parcheggio - dice di avere giusto (corsivo) l’ultima stanza libera, e noi, presi per sfinimento
(Nathan: e dalla prospettiva di dover ancora girare a vuoto…), accettiamo di vederla. Sarà stato l’assenza di puzzo rispetto a quella vista prima, ma al primo sguardo, la camera ci pare cent’ori! Al secondo colpo d’occhio, invece, sono uscite le magagne; al terzo, al rientro dopo cena, Nathan è sceso in macchina a prendere i sacchi a pelo, sentenziando:
- Almeno sappiamo che è sudicio nostro!
Per fortuna che eravamo stati messi di buon umore dalla cena. Abbiamo trovato un posticino dalla cucina buona e ben presentata, a pochi passi dal Richmond. Un locale estremamente lezioso e pieno di ninnoli, con marmellate in vetrina, una luce soffusa, una veranda aperta su un giardino curatissimo e tavoli azzurri in piccolo mosaico. L’ambiente piacevole ci fa passare sopra anche all’incomprensibilità del menù. Prendiamo quello che ci propongono, senza capire a pieno. Nel mio piatto troverò non pera, come aveva capito Nath, ma porri, una buona quiche ai porri. L’AmoreMio mangia il solito piatto del giorno e beviamo lo stuzzicante cidro. Sorpresa per gli occhi e per il palato, sarà il dolce, di cui non aveva proprio capito il nome. Si rivelerà essere un cruble ai lamponi, deliziosamente squisito! Anche il caffè è particolare, un’invenzione bretone registrata dagli svedesi: caffè infuso in piccole caffettierine con filtro a stantuffo. Con estrema gentilezza, il proprietario, una volta compreso che eravamo riusciti a prenotare per l’indomani, ci presta le sue guide dei dintorni, dalle quali appuntiamo vari riferimenti. Ci chiede dove siamo alloggiati e Nath ha un po’ di remore a confessare che siamo in quella stamberga, ma una volta estirpato con le pinze, sembra non scandalizzarsi e anzi si spinge in considerazioni profonde. Secondo il suo parere, il Richmond è un albergo medio, siamo solo noi italiani che lo riteniamo un po’ scadente, forse, suggerisce, perché siamo abituati a livelli più alti anche per gli alberghi modesti. Mah. Che dire io l’ultima volta che ho dormito in lenzuoli dello stesso grigio ero in India, e lì si sa, lavano nel Gange! Comunque, ci mettiamo l’anima in pace. In fin dei conti, siamo partiti con la tenda in macchina, nell’idea di fare molto spesso campeggio, e fino ad ora, dato l’economicità della soluzione chambres d’hotes, non l’abbiamo mai fatto. Vorrà dire che potremo dire di aver passato una notte almeno, in sacco a pelo e bagno-roulotte!
Pioggia, ancora pioggia, anche per oggi. Quando chiediamo agli indigeni del tempo, tutti ci confermano che qui è classicamente piovoso, ma non a Luglio e non così! Si parla sempre del tempo piovoso dell’Irlanda, ma del tempo piovoso della Normandia non parla nessuno? Comunque, per noi cambia poco, anzi di sicuro, per i lunghi spostamenti in auto, è meglio, però per le visite, i paesaggi, per fare il turista insomma è ‘na scocciatura. Stamani in programma c’è la seconda visita al Mont Saint-Michel, quella per vedere salire la marea! Ho scocciato un poco Nathan con questa storia ed orami la devo portare fino in fondo, anche se visto l’alta densità di turisti, non ho nemmeno troppa voglia di tornare al “castello”.
Sarà questo fenomeno delle maree che ci rende un po’ nervosi? Se è vero che l’uomo è fatto del 70% di acqua, qualcosa cambia anche in noi in un’area geografica soggetta ad un simile fenomeno, no?
Nonostante lo spentolio, riusciamo a rimanere a letto fino alle 9.30. E pensare che la signora dell’ufficio turistico ci aveva consigliato un allettante un pellegrinaggio all’Abbazia, con partenza alle 7.00 da Genets per percorrere a piedi i 7 km (più 7 al ritorno) nel fango lasciato dalle maree! Che peccato ce lo siamo persi! Scendiamo, trasportiamo i nostri bagagli attraverso le strettoie della cucina con un po’ di difficoltà e ci mettiamo in cammino per la San Marino normanna. Parcheggiamo distanti e c’incamminiamo digiuni e un pochino rugginosi tra di noi. Siamo entrambi vittime di una muta incomprensione. È questa che ci porta a perderci, ad aspettarci e infine, a chiamarci davanti all’accesso al Monte. Io avrei voluto vedere l’acqua muoversi sotto l’effetto delle maree, dal basso, passeggiando sulla sabbia, ma secondo Nathan è meglio osservabile dall’alto. Forse ha ragione, e ci appollaiamo insieme a tanti turisti su di un bastione ad aspettare l’onda anomala.
Diciamo che mi sembra di aver visto salire l’acqua, lontano. Misurando con occhio miope il crescere delle pozze, lontane. Insomma, la grande onda non c’è stata, e forse questa seconda visita è stata un po’ inutile… La guida in italiano che origliavo ieri, diceva che questo fenomeno è più intenso quando la luna è piena o nera, è però! Dopo aver tirato umido, ripartiamo ancora più irritati cause varie: il silenzio tra noi, la processione che intasa i vicoli dentro le mura, le bancarelle e gli stupidi souvenir. Nath mi cede la guida e ci dirigiamo verso St. Malò, alle 14.00, digiuni ed irritati. La peggiore delle situazioni di coppia! Tempo-tre-km-tre sbotto in una mezza scenata, tra la fame e la schizofrenia, che però ha un merito, quello di portare alla pacificazione e alla sosta per il pranzo, fortunatamente in un luogo speciale. Un posto memorabile, La Rustique, bistrò modesto, economico e assai consigliabile, sulla strada che congiunge il Mt. St. Michel a St.Malò. Qui il CuoreMio ha preso il “menù da operai” - come si dice in francese tesoro?
(Nathan: «menu ouvrier») – menù che per soli 9,00 euro comprende entrée a buffet, piatto del giorno - nel caso specifico tacchino - formaggi al vassoio per servirsi a proprio gradimento, dolce e anche (corsivo) i’bere! Davvero!
– Prendilo anche te, no? Non vedi quante cose? Dai prendilo!
– No! Non mi va oggi il tacchino, uff.
Bhe, ancora un po’ di ruggine da smaltire, ma l’abbiamo dissolta portata per portata, saziandoci. Più amorosi, dopo una bottiglia di cidro, ci avviamo verso St. Malò, che a pensarci bene è la prima tappa Bretone di questo nostro tour. Infatti il Mont Saint-Michel segna un po’ il confine tra le due regioni, un confine discusso e disputato, sembra nato bretone e divenuto normanno …
(Nathan: come per il sidro, se ne contendono la migliore produzione, neanche fosse poi sta delizia…) i soliti conflitti da terra al limite. Lungo la strada, il cielo si apre e ci concede anche qualche attimo di sole. Siamo satolli e non possiamo approfittare della miriade di banchini sul lungomare, che propongono vendita e degustazioni di molluschi! Ahh, le ostriche! È già una settimana che siamo qui e non le ho ancora mangiate! A Nathan non piacciono, quindi non le mangiamo, cioè quando scegliamo dove cenare, cerchiamo sempre qualcosa che proponga valide alternative, spesso troppo valide, tanto da preferirle alle ostriche! Uff!
(Nathan: ed è qui che inizia a proferire la sua terribile minaccia riguardo alle ostriche)
Ci fermiamo a passeggiare sulla sabbia lasciata ad asciugare al sole per il ritiro delle acque. I colori sono stupendi, gli azzurri di cielo e terra si fondono e dissimulano la linea dell’orizzonte. Poesia. Siamo attratti dalle protuberanze della sabbia, se così si possono chiamare, disposte millimetricamente alla stessa distanza tra di loro. Ne risulta una distesa di sabbia punteggiata da monticelli di sabbia fatti da bacherozzolini di rena avvorticciolati su se stessi, come le cacce di qualche animalino, chiaro no? Vedi qui. Annuncio QUIZ: ricompensa per chi risolverà il mistero dei bacherozzi sulla spiaggia!
Arriviamo a St. Malò senza rendercene conto, parcheggiamo vicinissimo al centro, sempre per sbaglio, e rimaniamo indecisi sul da farsi. Dal cielo viene giu un’acqua, ma un acqua… classico, quando viaggiamo c’è il sole e appena mettiamo il piede fuori diluvia. Ma a St. Malò siamo stati anticipati! Alla fine scendiamo, ma la città non c’entusiasma. Sarà l’acqua, sarà la folla, fatto sta che ai nostri occhi St. Malò, è solo una cittadella militare in pietra scura, con una bella cinta muraria e un bel forte. Non ha niente di quella dolce e romantica attrattiva delle città fiorite che abbiamo visitato fino ad ora. Camminiamo per le vie e cerchiamo qualcosa che ci faccia ricredere, ma niente. Mangiamo un tipico dolcetto burroso più per gola che per fame, scattiamo giusto due foto, per ricordare che ci siamo passati e ripartiamo.
- Dove andiamo ora?
- A Dinard – faccio io – ricordi? Ti avevo detto che la guida la consiglia, dice che è una bella cittadina con fortificazioni turrite.
Nathan guarda la carta.
- Uhm. A Dinard? Sicura? Non era Dinan? Sono due città diverse!
- Sìsì! ho controllato D I N A R D!
- Se hai controllato…
(Nathan: eh eh :-)
Ed avevo controllato giuro! Parola di lupetto! Ma mi succede spesso, uff! Quando conosco due cose insieme, con i nomi simili poi, mi confondo! - Può essere dislessia? - Arriviamo sul posto e di turrito non c’è niente. Dinar«d» è carina, una cittadina un po’ anni ‘50, mare, tende a strisce sulla spiaggia per ripararsi dal vento, ristoranti, “casino” (non è un errore “o” e non “ò” in Francia si scrive così). Ci appropinquiamo a trovare un ricovero per la notte. Andiamo a visitare un albergo ad una stella, visitiamo e veniamo via… triste-triste… puzzone! Quello che visitiamo dopo, lo scansiamo perché 60,00 euro, per una doppia, abituati agli Chambre d’Hote, ci sembrano troppi.
Ripartiamo da Dinar«d», allontanandoci dalle mie ostriche in vendita al ristoratore sulla spiaggia.
Andiamo-andiamo-andiamo, fino a St. Lunaire, un po’ sconsolati dai precedenti tentativi andati buca.
Il paese non sembra molto grande. Notiamo un’insegna: “Hotel Richmond”. Un nome inglese? Che strano. Nathan lo vorrebbe scartare a priori perché dice di aver visto delle auto di lusso parcheggiate fuori. Io invece ho intravisto una certa trascuratezza nel giardino, che pare una prerogativa degli alberghi scarsi e non di lusso. Ci decidiamo a verificare chi, tra di noi, ha ragione. Tatttattttaaaa!! VINCO IO, ma non ne gioisco! Ci troviamo davanti ad una pensioncina da anziani con la minima di pensione, dove l’arredo è coevo agli avventori e l’odore di minestrina gradito. L’addetto a tutto - ricevimento clienti, servizio a tavola, parcheggio - dice di avere giusto (corsivo) l’ultima stanza libera, e noi, presi per sfinimento
(Nathan: e dalla prospettiva di dover ancora girare a vuoto…), accettiamo di vederla. Sarà stato l’assenza di puzzo rispetto a quella vista prima, ma al primo sguardo, la camera ci pare cent’ori! Al secondo colpo d’occhio, invece, sono uscite le magagne; al terzo, al rientro dopo cena, Nathan è sceso in macchina a prendere i sacchi a pelo, sentenziando:
- Almeno sappiamo che è sudicio nostro!
Per fortuna che eravamo stati messi di buon umore dalla cena. Abbiamo trovato un posticino dalla cucina buona e ben presentata, a pochi passi dal Richmond. Un locale estremamente lezioso e pieno di ninnoli, con marmellate in vetrina, una luce soffusa, una veranda aperta su un giardino curatissimo e tavoli azzurri in piccolo mosaico. L’ambiente piacevole ci fa passare sopra anche all’incomprensibilità del menù. Prendiamo quello che ci propongono, senza capire a pieno. Nel mio piatto troverò non pera, come aveva capito Nath, ma porri, una buona quiche ai porri. L’AmoreMio mangia il solito piatto del giorno e beviamo lo stuzzicante cidro. Sorpresa per gli occhi e per il palato, sarà il dolce, di cui non aveva proprio capito il nome. Si rivelerà essere un cruble ai lamponi, deliziosamente squisito! Anche il caffè è particolare, un’invenzione bretone registrata dagli svedesi: caffè infuso in piccole caffettierine con filtro a stantuffo. Con estrema gentilezza, il proprietario, una volta compreso che eravamo riusciti a prenotare per l’indomani, ci presta le sue guide dei dintorni, dalle quali appuntiamo vari riferimenti. Ci chiede dove siamo alloggiati e Nath ha un po’ di remore a confessare che siamo in quella stamberga, ma una volta estirpato con le pinze, sembra non scandalizzarsi e anzi si spinge in considerazioni profonde. Secondo il suo parere, il Richmond è un albergo medio, siamo solo noi italiani che lo riteniamo un po’ scadente, forse, suggerisce, perché siamo abituati a livelli più alti anche per gli alberghi modesti. Mah. Che dire io l’ultima volta che ho dormito in lenzuoli dello stesso grigio ero in India, e lì si sa, lavano nel Gange! Comunque, ci mettiamo l’anima in pace. In fin dei conti, siamo partiti con la tenda in macchina, nell’idea di fare molto spesso campeggio, e fino ad ora, dato l’economicità della soluzione chambres d’hotes, non l’abbiamo mai fatto. Vorrà dire che potremo dire di aver passato una notte almeno, in sacco a pelo e bagno-roulotte!
2 commenti:
Bentrovati...spero di avere il tempo di leggere i vostri bellissimi ma lunghissimi resoconti :)
oh Baol,
bentornato!
potresti iniziare guardando le foto.
e farti magari venir voglia di leggere le nostre verbosità.
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