ovvero, ode alla perseveranza
Uno dei musei che ci siamo concessi nel soggiorno berlinese di questo febbraio è stato il Museo Ebraico, edificio realizzato da Daniel Libeskind, americano di origine polacca, figlio di genitori scampati all'Olocausto. È esponente di spicco della corrente decostruttivista in architettura. Vincitore del concorso per il museo, opera prima che gli ha aperto le porte del jet set delle Archistar®.
Qui il sito ufficiale del museo in italiano.
Alcune foto e qualche breve commento.
L'esterno è contraddistinto da un rivestimento metallico riflettente, con drammatiche "fenditoie" diagonali.
I blocchi stereometrici del museo si muovono attigui al preesistente edificio, un cortile coperto congiunge i due volumi, un fitto bosco di travi bianche che sostiene un firmamento di vetro.
L'interno rovescia ogni percezione. Le superfici non sono più chiare, riflesse, sono nere, buie. Vi si aprono tagli lucenti dalle intersezioni ad X che ribadiscono i percorsi percettivi sensoriali "della diaspora":
• la torre dell'Olocausto, dove il clima freddo di febbraio del fuori ci è entrato nelle ossa,
• il giardino dell'esilio, solitario e estraniante, comitive in gita scolastica permettendo...
• altro spazio, di cui non ricordo il nome, nel quale si entra calpestando volti metallici
• percorso espositivo del secondo piano, con mostre didattiche e esplicative
Qui il sito ufficiale del museo in italiano.
Il pathos che l'edificio ha in se è unico e felicemente azzeccato, opera di alta architettura, soprattutto se si pensa che la prima grande opera dell'autore. Passatemi una sola nota polemica: ci possiamo augurare che questa espressione del dramma non diventi un suo marchi di fabbrica? I servizi offerti dal museo sono ottimi, audioguida, visite guidate, bookshop. Noi abbiamo usufruito solo dell'ultimo ^_^ ma fa sempre piacere constatare l'alta qualità con la quale la cultura puo' essere offerta e fruita.
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