21 luglio 2007 |
La giornata di relax è iniziata con una colazione “affollata”. Ai dieci a tavola di ieri si sono aggiunti i nostri vicini di camera. Abbiamo assaggiato le marmellate di Nicole (la padrona di casa) e il latte delle sue mucche. E ancora chiacchiere e resoconti della nostra giornata di ieri e dei programmi di oggi. Poi siamo partiti in direzione della punta della Normandia: Cap Le Hague.
Evitiamo la superstrada, per cercare di fare un po’ di paesaggio. Ci concediamo una deviazione per l’imperdibile Moulin du Cotentin di Fierville… e ci perdiamo sulle strade di campagna.
(Francese: Notate la vena polemica? Questo perché la deviazione al mulino l’ho voluta fare io. Ma a perdere, si era già perso lui).
Girano le pale, girano le pale del mulino al vento del Cotentin, la penisola a forma di dito che si allunga sopra la Normandia. La Francese compra un chilo di farina (vuoi mettere, la farina macinata da una “meule” in pietra spinta dal vento? Farà dai dolci straordinari!). Dopo una rapida visita al museo dei mulini di Normandia, ripartiamo da Fierville e ci buttiamo su strade strette tra i campi in direzione nord. Solo grazie alla bussola portachiavi regalatami dalla Francese, sappiamo che la direzione è quella giusta. Ma alla fine ritroviamo le indicazioni per Cheerboug e ci rimettiamo in carreggiata. Cap Le Hague, arriviamo! I francesi, a volte, prendono decisioni strane. Sapevamo che la Francia è un grande produttore di energia nucleare. Sapevamo che buona parte degli impianti sono collocati vicino al confini e al mare. Ma qui, in questo paradiso selvaggio che si chiama Cap Le Hague, perché collocare uno stabilimento di lavorazione delle scorie radioattive? Perché proprio qui la Cogema? Avranno previsto di affondare nella Manica l'ultimo lempo di Cotentin in caso d'incidente?
Lo aggiriamo (è immenso). La guida Michelin consiglia la visita al centro informazioni dello stabilimento per avere ragguagli sull'estrazione del plutonio (!)
Ce lo perdiamo senza rimorsi e arriviamo a “Gouvry”, proprio sulla punta. Qui, appena mettiamo fuori dalla macchina il capo per vedere il Capo, riprende a piovere. Scrosci d’acqua tanto improvvisi quanto violenti ci ributtano in macchina a cercare rifugio per un paio di volte. Pazientiamo, ancora qualche minuto chiusi in macchina. Ecco, ha smesso. Andiamo, vediamo quanto regge.
Alla fine, zuppi d'acqua visitiamo questo paesaggio “da fine del mondo”. Sazi di vento e di colori poveri di varietà ma ricchi d'intensità, riprendiamo l'auto e facciamo tappa a Auderville, in un bar da indigeni per un tè. La ragazza del bar, dichiarando di discendere da un Morandi da parte di madre, ci dà un saggio delle sue abilità linguistiche (“parlo poco poco, io studio 3 anni italiano a la scuola”), ma alla mia richiesta di conoscere se discende dal pittore o del cantante, non sa rispondere (per nostra fortuna conosceva solo il primo, dimostrando che la frontiera, almeno in questo caso, ha svolto un ruolo positivo)
(Francese: ho creato un mostro! Nathan sta mostrando tutto il sarcasmo del suo avo toscano).
Sulla strada del rientro decidiamo di fare un giro largo percorrendo la “Route des Caps”. Arrivati alla falesia più alta di Normandia, il “Nez de Joburg”, finalmente smette di piovere. Il "naso" è un promontorio imponente che si affaccia su un belvedere mozzafiato. Lontano, laggiù, sul mare ammiriamo l'ansa di Vauville e la falesia di Flamanville.
Proseguendo, superiamo Beaumont-Hauge (un tempo rifugio di contrabbandieri, oggi residenza dei dipendenti della centrale nucleare), dove il sole finalmente si decide fare capolino. Arriviamo a Vauville, dove mettiamo nello stomaco 2 crèpes alla marmellata. Passeggiamo tra la chiesa "rustica" e il maniero "Renaissance" di questo villaggio e arriviamo sulla spiaggia di ciottoli bianchi, dove ci stendiamo. Se la Francese, come ho scritto spesso, ha un temperamento meridionale, così non è per la sua pelle di latte. Appisolati al sole, si è ritrovata il fastidioso arrossamento che avrà modo di rincarare successivamente.
Di nuovo in auto, ci fermiamo a un belvedere che dà su una verde distesa che degrada dolcemente sul mare. Con le falesie sullo sfondo e i pascoli di cavalli e pecore nel mezzo, “mappizziamo” le prossime tappe Bretoni. Io sarei per visitare Mont Saint-Michel domani in giornata e ripartire in serata verso Rennes, dove alloggiare per la notte. Ma la Francese vuole osservare la marea la sera e tornarci la mattina per vedere l’effetto che fa, per vedere come cambia il paesaggio e rimanere a bocca aperta.
(Francese: embè? che c'è di male? siamo qui o no anche per questo fenomeno naturale? io punto i piedi - si era capito, no?)
La ricerca di un alloggio in quella zona, però, sembra vana. Tutte le chambres d’hotes segnalate dal Routard ci rispondono di essere complete. La Francese vorrebbe che telefonassi anche a un lungo elenco di indirizzi presi in un ufficio del turismo trovato lungo la strada. Ma io mi scoraggio e allora desistiamo e decidiamo di proseguire con un nulla di fatto verso Port Bail, dove abbiamo un anticipo del fenomeno delle maree. Port Bail ha un porto turistico alla foce di un fiume. La bassa marea qui, lascia in secco una miriade di imbarcazioni e scatena la golosità dei pescatori che si avventano sulle sacche d'acqua in cui molluschi e pesci rimangono imprigionati. All’interno della chiesa di Notre Dame visitiamo una bella mostra di quadri e tavole disegnate a fumetti (come caspita si chiamava quel vignettista di talento?). Proseguendo, arriviamo a Surville per cenare in un ristorante suggerito dalla Guide du Routard (Le Hamelinet), che, inaspettatamente sfornito di ostriche, ci ha propinato le solite cozze con patate fritte. Ed è qui che la Francese concepisce (ma ancora non pronuncia) la sua terribile minaccia contro di me, che dalle ostriche, cerco di tenermi il più lontano possibile.
mappa degli spostamenti
Evitiamo la superstrada, per cercare di fare un po’ di paesaggio. Ci concediamo una deviazione per l’imperdibile Moulin du Cotentin di Fierville… e ci perdiamo sulle strade di campagna.
(Francese: Notate la vena polemica? Questo perché la deviazione al mulino l’ho voluta fare io. Ma a perdere, si era già perso lui).
Girano le pale, girano le pale del mulino al vento del Cotentin, la penisola a forma di dito che si allunga sopra la Normandia. La Francese compra un chilo di farina (vuoi mettere, la farina macinata da una “meule” in pietra spinta dal vento? Farà dai dolci straordinari!). Dopo una rapida visita al museo dei mulini di Normandia, ripartiamo da Fierville e ci buttiamo su strade strette tra i campi in direzione nord. Solo grazie alla bussola portachiavi regalatami dalla Francese, sappiamo che la direzione è quella giusta. Ma alla fine ritroviamo le indicazioni per Cheerboug e ci rimettiamo in carreggiata. Cap Le Hague, arriviamo! I francesi, a volte, prendono decisioni strane. Sapevamo che la Francia è un grande produttore di energia nucleare. Sapevamo che buona parte degli impianti sono collocati vicino al confini e al mare. Ma qui, in questo paradiso selvaggio che si chiama Cap Le Hague, perché collocare uno stabilimento di lavorazione delle scorie radioattive? Perché proprio qui la Cogema? Avranno previsto di affondare nella Manica l'ultimo lempo di Cotentin in caso d'incidente?
Lo aggiriamo (è immenso). La guida Michelin consiglia la visita al centro informazioni dello stabilimento per avere ragguagli sull'estrazione del plutonio (!)
Ce lo perdiamo senza rimorsi e arriviamo a “Gouvry”, proprio sulla punta. Qui, appena mettiamo fuori dalla macchina il capo per vedere il Capo, riprende a piovere. Scrosci d’acqua tanto improvvisi quanto violenti ci ributtano in macchina a cercare rifugio per un paio di volte. Pazientiamo, ancora qualche minuto chiusi in macchina. Ecco, ha smesso. Andiamo, vediamo quanto regge.
Alla fine, zuppi d'acqua visitiamo questo paesaggio “da fine del mondo”. Sazi di vento e di colori poveri di varietà ma ricchi d'intensità, riprendiamo l'auto e facciamo tappa a Auderville, in un bar da indigeni per un tè. La ragazza del bar, dichiarando di discendere da un Morandi da parte di madre, ci dà un saggio delle sue abilità linguistiche (“parlo poco poco, io studio 3 anni italiano a la scuola”), ma alla mia richiesta di conoscere se discende dal pittore o del cantante, non sa rispondere (per nostra fortuna conosceva solo il primo, dimostrando che la frontiera, almeno in questo caso, ha svolto un ruolo positivo)
(Francese: ho creato un mostro! Nathan sta mostrando tutto il sarcasmo del suo avo toscano).
Sulla strada del rientro decidiamo di fare un giro largo percorrendo la “Route des Caps”. Arrivati alla falesia più alta di Normandia, il “Nez de Joburg”, finalmente smette di piovere. Il "naso" è un promontorio imponente che si affaccia su un belvedere mozzafiato. Lontano, laggiù, sul mare ammiriamo l'ansa di Vauville e la falesia di Flamanville.
Proseguendo, superiamo Beaumont-Hauge (un tempo rifugio di contrabbandieri, oggi residenza dei dipendenti della centrale nucleare), dove il sole finalmente si decide fare capolino. Arriviamo a Vauville, dove mettiamo nello stomaco 2 crèpes alla marmellata. Passeggiamo tra la chiesa "rustica" e il maniero "Renaissance" di questo villaggio e arriviamo sulla spiaggia di ciottoli bianchi, dove ci stendiamo. Se la Francese, come ho scritto spesso, ha un temperamento meridionale, così non è per la sua pelle di latte. Appisolati al sole, si è ritrovata il fastidioso arrossamento che avrà modo di rincarare successivamente.
Di nuovo in auto, ci fermiamo a un belvedere che dà su una verde distesa che degrada dolcemente sul mare. Con le falesie sullo sfondo e i pascoli di cavalli e pecore nel mezzo, “mappizziamo” le prossime tappe Bretoni. Io sarei per visitare Mont Saint-Michel domani in giornata e ripartire in serata verso Rennes, dove alloggiare per la notte. Ma la Francese vuole osservare la marea la sera e tornarci la mattina per vedere l’effetto che fa, per vedere come cambia il paesaggio e rimanere a bocca aperta.
(Francese: embè? che c'è di male? siamo qui o no anche per questo fenomeno naturale? io punto i piedi - si era capito, no?)
La ricerca di un alloggio in quella zona, però, sembra vana. Tutte le chambres d’hotes segnalate dal Routard ci rispondono di essere complete. La Francese vorrebbe che telefonassi anche a un lungo elenco di indirizzi presi in un ufficio del turismo trovato lungo la strada. Ma io mi scoraggio e allora desistiamo e decidiamo di proseguire con un nulla di fatto verso Port Bail, dove abbiamo un anticipo del fenomeno delle maree. Port Bail ha un porto turistico alla foce di un fiume. La bassa marea qui, lascia in secco una miriade di imbarcazioni e scatena la golosità dei pescatori che si avventano sulle sacche d'acqua in cui molluschi e pesci rimangono imprigionati. All’interno della chiesa di Notre Dame visitiamo una bella mostra di quadri e tavole disegnate a fumetti (come caspita si chiamava quel vignettista di talento?). Proseguendo, arriviamo a Surville per cenare in un ristorante suggerito dalla Guide du Routard (Le Hamelinet), che, inaspettatamente sfornito di ostriche, ci ha propinato le solite cozze con patate fritte. Ed è qui che la Francese concepisce (ma ancora non pronuncia) la sua terribile minaccia contro di me, che dalle ostriche, cerco di tenermi il più lontano possibile.
mappa degli spostamenti
3 commenti:
Ciao Amore mio! Da sola in quel letto vuoto non riesco a prendere sonno. L'unico modo per starti vicino mi è sembrato ri-leggere le tue parole di questa giornata di Diario. Decisamente più approfondito della prima stesura :-) potrei annotare delle imprecisioni ma ci voglio passare sopra e ... ci sono delle perle, come "sazi di vento e di colori poveri di varietà ma ricchi d'intensità" oppure "dimostrando che la frontiera, almeno in questo caso, ha svolto un ruolo positivo", che in effetti, contano molto di più!
confido nel tiglio e camomilla
bacio
:-) non dormi e vai alla ricerca delle mie imprecisioni? :-*
letta anche la sesta puntata....ce la faròoooooooo!!!!! :D
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