È lui a rompere il ghiaccio, farfuglia qualcosa che dice più o meno così:
- Non è come c’aspettavamo, vero? … intendo, quello che sentiamo?
- Dici? …ma forse è solo l’imbarazzo del primo incontro di persona, dopo tanta confidenza a distanza…
- Adesso possiamo scambiarci quell’abbraccio promesso?
- Certo, non aspettavo altro che tu lo chiedessi.
E così è stato, questo primo contatto, un abbraccio da seduti, con i nostri cuori vicini e la mia testa sulla sua spalla. Qualcosa si era compiuto, qualcosa poteva, se volevamo, proseguire.
...e invece, ha preferito dichiaratamente fermarsi qui! Come ho fatto sino ad ora, ho acconsentito, causa questa condizione da ultima arrivata.
Nonostante questa conclusione, non potevo che gioire della giornata, del sole e di questo sentimento che è nuovamente riaffiorato in me. Se non giunge a sbocciare, poco male, è comunque la prima gemma dopo un lungo inverno e mi dovrei solo accontentare.
Siamo discesi dal sentiero saltellando, almeno io, con un’insolita ilarità. Il sole ci saluta e ci concede gli ultimi raggi, gli ulivi sono pronti per cedere i loro generosi frutti e la gente, che ci incontra lungo il tragitto, sembra considerarci normali, molto di più di quanto ci consideriamo noi, sapendoci clandestini al primo incontro. Poi il sentiero si apre, e riprendiamo per un po' la strada ed è lì, che le nostre mani si sfiorano e poi si afferrano. Il nostro corpo, più sensato di noi! Il sorriso consolida la mia espressione a questo nostro secondo contatto. Incomincio a pensare che la partita ancora non è chiusa, ma che posso solo aspettare di vedere come gioca lui. Non rilancerò la palla. L’abbiamo e l’ho detto subito, ancora prima di sentire la sua voce per telefono, la scelta deve essere sua. Dalla strada riprendiamo il sentiero e passiamo davanti a quella strana abitazione con totem e intarsi di conchiglie in giardino, un B&B molto particolare, gaudiano direi. Per giungere in paese viriamo a destra, altra strada, altro scorcio tra le case arroccate al Monte:
- Ehi, guarda che scorcio carino che si apre!
Mi fermo ad ammirare uno spazio ampio disposto ad orto che separa la piazza della Cattedrale e le sue case strette attorno dal Monte. Mi fermo un attimo e mi allontano dalle sue mani per i miei occhi miopi. Quando mi volto è lì che mi guarda e focalizza il mio volto, le guance, le labbra. È arrivato quel momento magico che tentava di arginare, che ci doveva essere, il bacio. Lascio che accada e faccio quel che mi è possibile perché succeda. Quando le sue labbra toccano le mie, mi sento andare via da terra dai piedi e mi sorreggo a lui, con un nuovo abbraccio, concludendo quel gesto rimasto a metà sul monte.
Dopo questo stadio di contatto, tutto il mondo intorno ha un altro senso, gira contrario! O forse siamo noi ad andare per il verso opposto? Dal paese sottomonte, fatto di strade strette e vicolini, arriviamo alla piazza prima del lungo mare. Ci accoglie un portico medievale, dove come adolescenti senza dimora ci sistemiamo a dare libertà alle nostre labbra. Come nel più classico copione d’amore, ci manca l’appetito e saltiamo la cena senza desiderare altro che noi.
Solo aroma di vino, musica, luna e mare, a contorno di questo desiderio che lascia l’inconsueta forma intellettuale per riprendere possesso della carne di cui solitamente è padrone. Un desiderio tanto forte, pulsante ed incapace di vedere fine, che si lascia ingabbiare solo da un secondo desiderio. Il desiderio razionale di veder crescere questo sentimento, questo forte coinvolgimento intellettuale e questa passione della carne. Quale altro modo esiste per non bruciare tutto questo, se non fuggire via e portarsi lontano da così tanto piacere? Quale altro modo esiste per far sì che tutto cio accada di nuovo, se non far si che non accada, ora?
Scappo via. I saluti logorano e noi abbiamo già passato diverso tempo davanti alle nostre carrozze tanto da vederle, a breve, tornare zucche. Non sono Cenerentola, non ho perso la scarpetta, ma sono sicura di aver incontrato il mio principe azzurro.
- Dici? …ma forse è solo l’imbarazzo del primo incontro di persona, dopo tanta confidenza a distanza…
- Adesso possiamo scambiarci quell’abbraccio promesso?
- Certo, non aspettavo altro che tu lo chiedessi.
E così è stato, questo primo contatto, un abbraccio da seduti, con i nostri cuori vicini e la mia testa sulla sua spalla. Qualcosa si era compiuto, qualcosa poteva, se volevamo, proseguire.
...e invece, ha preferito dichiaratamente fermarsi qui! Come ho fatto sino ad ora, ho acconsentito, causa questa condizione da ultima arrivata.
Nonostante questa conclusione, non potevo che gioire della giornata, del sole e di questo sentimento che è nuovamente riaffiorato in me. Se non giunge a sbocciare, poco male, è comunque la prima gemma dopo un lungo inverno e mi dovrei solo accontentare.
Siamo discesi dal sentiero saltellando, almeno io, con un’insolita ilarità. Il sole ci saluta e ci concede gli ultimi raggi, gli ulivi sono pronti per cedere i loro generosi frutti e la gente, che ci incontra lungo il tragitto, sembra considerarci normali, molto di più di quanto ci consideriamo noi, sapendoci clandestini al primo incontro. Poi il sentiero si apre, e riprendiamo per un po' la strada ed è lì, che le nostre mani si sfiorano e poi si afferrano. Il nostro corpo, più sensato di noi! Il sorriso consolida la mia espressione a questo nostro secondo contatto. Incomincio a pensare che la partita ancora non è chiusa, ma che posso solo aspettare di vedere come gioca lui. Non rilancerò la palla. L’abbiamo e l’ho detto subito, ancora prima di sentire la sua voce per telefono, la scelta deve essere sua. Dalla strada riprendiamo il sentiero e passiamo davanti a quella strana abitazione con totem e intarsi di conchiglie in giardino, un B&B molto particolare, gaudiano direi. Per giungere in paese viriamo a destra, altra strada, altro scorcio tra le case arroccate al Monte:
- Ehi, guarda che scorcio carino che si apre!
Mi fermo ad ammirare uno spazio ampio disposto ad orto che separa la piazza della Cattedrale e le sue case strette attorno dal Monte. Mi fermo un attimo e mi allontano dalle sue mani per i miei occhi miopi. Quando mi volto è lì che mi guarda e focalizza il mio volto, le guance, le labbra. È arrivato quel momento magico che tentava di arginare, che ci doveva essere, il bacio. Lascio che accada e faccio quel che mi è possibile perché succeda. Quando le sue labbra toccano le mie, mi sento andare via da terra dai piedi e mi sorreggo a lui, con un nuovo abbraccio, concludendo quel gesto rimasto a metà sul monte.
Dopo questo stadio di contatto, tutto il mondo intorno ha un altro senso, gira contrario! O forse siamo noi ad andare per il verso opposto? Dal paese sottomonte, fatto di strade strette e vicolini, arriviamo alla piazza prima del lungo mare. Ci accoglie un portico medievale, dove come adolescenti senza dimora ci sistemiamo a dare libertà alle nostre labbra. Come nel più classico copione d’amore, ci manca l’appetito e saltiamo la cena senza desiderare altro che noi.
Solo aroma di vino, musica, luna e mare, a contorno di questo desiderio che lascia l’inconsueta forma intellettuale per riprendere possesso della carne di cui solitamente è padrone. Un desiderio tanto forte, pulsante ed incapace di vedere fine, che si lascia ingabbiare solo da un secondo desiderio. Il desiderio razionale di veder crescere questo sentimento, questo forte coinvolgimento intellettuale e questa passione della carne. Quale altro modo esiste per non bruciare tutto questo, se non fuggire via e portarsi lontano da così tanto piacere? Quale altro modo esiste per far sì che tutto cio accada di nuovo, se non far si che non accada, ora?
Scappo via. I saluti logorano e noi abbiamo già passato diverso tempo davanti alle nostre carrozze tanto da vederle, a breve, tornare zucche. Non sono Cenerentola, non ho perso la scarpetta, ma sono sicura di aver incontrato il mio principe azzurro.
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