lunedì 19 luglio 2010

Bruxelles e la riscossa del Belgio (Secondo e terzo giorno)


Eccoci a Bruxelles. Questo pomeriggio abbiamo lasciato il panzer all'agenzia avis più vicina all'albergo (e che albergo!) e in cinque minuti l'abbiamo raggiunto.
Arrivare in questa grande città, così europea (e del resto ne è la capitale), così vivace, un po' parigi e un po' berlino, ma diversa da entrambe, è un tuffo nel bel mondo metropolitano che ci fa riconciliare con il Belgio.
Nel frattempo c'è stata la lunghissima salita stracacata dai picconi sul campanile di Florenville (super pacco degli orrori su quella scala che in Italia i vigili del fuoco e l'asl avrebbero chiuso nel giro di 5 minuti) e ci sono state altre Abbazie, tutte, in un modo o nell'altro sono state delle mezze fregature. Ma la birra no, quella, da sola, merita il viaggio. A Orval, c'è stata la Orval, assolutamente superata dalla Trappiste di Rochefort (a scelta da 6, 8 o 10 gradi - la 8 è stata la mia preferita, dolce e corposa al punto giusto).
Stamattina, lasciata la nostra casetta svedese di Rochefort (dove la simpatica Christine ci ha ammaliati con la dozzina di marmellate che prepara per i suoi ospiti e ci ha edotti su quanto siano zozzi, xenofobi e detestabili i fiamminghi... in base alla sua esperienza di vallone e io ho finalmente chiarito la mia antica confusione tra valais e vaudois grazie a due silenziosi ospiti svizzeri), la prima tappa è stata a Dinant (giusto una passeggiata tra la falesia e la Mosa) e Floreffe, altra Abbazia, altra delusione, altra birra non male (consigliamo la Meilleure, scura ad alta gradazione) e piatto misto di affettati e formaggi locali.

 

E così insomma, alla fine ce l'abbiamo fatta. Ci siamo lasciati alle spalle tutte quelle mucche bianche e pezzate-nere che punteggiano la sterminata campagna vallone, tutti quegli sconfinati campi di granoturco, le orde di motociclisti che sembra di essere ai tempi di easy rider e quelle miriadi di brocante ad ogni raccordo autostradale, con tutti quegli hippies flaccidi che sembrano usciti da una rivisitazione postmoderna di bosch.

E invece a Bruxelles sono (quasi) tutti belli, uomini donne, bianchi, gialli, neri e meticci, una tal varietà di colori, visi e forme da far girare la testa, insieme alle vetrine, ai palazzi e al tramonto che incendia la città dal belvedere di place poelaert.

Stasera cena copiosa da Fin de siècle, coniglio e stinco di maiale in mostarda innaffiati dalle ottime Duvel e Westmalle. Passeggiata a zonzo in centro e assaggi di cioccolata.

Per domani abbiamo già prenotato all'etiope, in quartiere fashion, moderatamente gay.

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