sabato 5 novembre 2011

Partorire: che fatica fare il babbo.

Avere un figlio è facile, del resto si fa da tanto, da così tanto tempo che nessuno ricorda l'inizio di questa pratica. E in fondo, lo sapete, tutto nasce dall'iniziativa, non importa chi abbia l'idea, importante è esserci, in due. Tutto il resto, poi, con un po' di fortuna, verrà da sé, senza nemmeno la necessità di mettersi d'impegno. Prima che uno se ne renda conto, non avrà altro da fare che mettere le mani su una pancia che cresce, seguirne i movimenti, provare a bussare e aspettare che qualcuno risponda.

Visite, esami, tutine, culla, lettino, carrozzina, stencil, liste nascite, telefonate, corsi preparto e brindisi e tutto quello che ora non mi voglio prefigurare, potrebbero anche non fare parte di quel processo così naturale e - se la vediamo in un certo modo - scontato, che chiamano riprodursi.

Diciamolo.
I mammiferi su questa Terra si riproducono da qualche milione di anni, anche se ogni volta facciamo finta che sia la prima. La Margherita si nutre, sgambetta, fa capriole, in una parola cresce, mentre la sua mamma guida la macchina, compra la ciccia per il bollito, va all'ipermercato con la carta di credito della futura nonna.

Nove mesi scivolano via come acqua che scende le valli, attraversa pianure e sfocia in mare. Nove mesi inesorabili e lenti. Nove mesi che faranno maturare l'unica necessaria, importante decisione di un mammifero: il luogo e le modalità del parto.
Per chi vive in un piccolo centro la scelta dell'ospedale è un problema eliminato alla radice. Ma quelli come noi, che vivono a Firenze e dintorni, possono spendere lunghe ore in visita ai reparti di ostetricia più o meno trendy, più o meno in voga.

C'è l'ospedale amico dei bambini, dove tutto è organizzato perché il nascituro arrivi a poppare prima ancora di respirare. Volendo puoi approfittare di una vasca per il parto in acqua, che sembra essere un evergreen ormai in ribasso. In ogni caso, il bambino te lo adagiano sulla pancia della mamma senza nemmeno lavarlo e tutti, a quel punto, ostetriche, babbo e mamma se ne stanno a fare il tifo mentre quel pargolo con i capelli appiccicati sul capo e gli occhi chiusi, si mette faticosamente a strisciare incontro al capezzolo più vicino. L'unica regola è che è proibito aiutarlo.

C'è l'ospedale universitario, grande come una cittadella, dove potrei anche rischiare di non trovare l'ingresso. Grande e importante, un'ospedale che offre le migliori professionalità, ma da qualche tempo assediato dai lavori di ristrutturazione.

E poi lì dentro, come una matrioska in scala ridotta, c'è un centro nascite di grido, a pochi passi dall'ostetricia, di quelli per il parto esclusivamente fisiologico. Qui, se hai un'unghia incarnita, non pensare nemmeno di mettere piede. Solo 5 stanze per poche, pochissime elette, che potranno travagliare, partorire, allattare e dormire nello stesso ambiente, una camera riservata con letto matrimoniale e completa di ogni comfort. E poi, vicino al letto dove alla fine dormirà anche il babbo, ancora cuscini, stuoie, panchetti e baobad da abbracciare, dove la mammifera potrà assecondare le spinte come una qualunque donna d'Africa, siberiana o europea, inginocchiata, accovacciata o seduta oppure dondolando dalla liana come un bonobo della foresta pluviale, mentre l'aspirante babbo distrarrà l'ostetrica per afferrare al volo il pupo prima che si schianti al suolo.

Infine c'è quell'ospedale che dopo tutta la fatica che hai fatto, il bambino te lo portano via, alla nursery. E te lo restituiscono solo qualche ora al giorno, se sei fortunato, per le poppate. E qualcuno ci va proprio per questo trattamento vintage, perché insomma, dopo dieci ore di travaglio, e fatele un po' riposare queste mamme.

L'epidurale, se c'è bisogno, te la fanno un po' tutti. Escluso ovviamente il centro nascite per mamme selezionatissime, dove a quegli untori di ginecologi e anestesisti è addirittura proibito entrare. Qui, durante l'incontro informativo in una sala gremita, alla domanda: “quali antidolorifici naturali usate durante il travaglio?”, la riposta è stata:
“Acqua calda e massaggi”.
Gulp!

3 commenti:

lucilla ha detto...

Ormai rassegnata all'abbandono del vostro blog, capito qui per caso oggi e ci trovo tutti gli aggiornamenti di dovere.
Lo sapete gia', sono commossa e tutto questo Margheriteggiare mi da` un po' di speranza.
Eppero`, ve lo metto per iscritto, non fate quelli che escono fuori di testa. Una tenera animella come me non potrebbe reggere un colpo tanto duro.
Amovi molto
lucella

La Francese ha detto...

...a volte ritornano! ^_^
siamo come i gatti! Miaooo! anche il tuo amichetto qui, a forza di pungolarlo s'è mosso! e che di cose da dire ne avrebbe! ...è che si è comprato un nuovo balocchino tennologico che lo ipnotizza!

La speranza non deve andarsene mai, sai noi qui in Italia, la dobbiamo avere per forza... ora te sei in Asia, è la culla della speranza ^_^

Per i fuori di testa, bhe secondo te, più di così sarà possibile!?

Noi pensarti sempre!
Forza Lucilla!

lucilla ha detto...

beh, no, effettivaente piu' fuori di testa di cosi' e' dura, ma sai mai? la follia ha ragioni che la ragione non conosce...o era l'amore?per voi valgono entrambe!

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