sabato 23 aprile 2011

Diario di viaggio in Israele: Ein Bokek, il quarto giorno.

Oggi ce la prendiamo comoda e la colazione la facciamo nell’intimità della sala devastata dal passaggio del gruppo di pellegrini ortodossi. Tra un toast e un caffè, vediamo comparire tra i tavoli il rubizzo Pope dalla barba rossa che si stringe in un abbraccio fraterno con il maitre. Anche il gruppo di pellegrini ortodossi lascia Gerusalemme il nostro stesso giorno.

Lasciamo l'albergo consigliato dalla nostra arma segreta: il personale è stato impeccabile, discreto e disponile allo stesso tempo. Certo, la struttura avrebbe bisogno di qualche ritocco, ma tutto il resto (prezzo, servizio, posizione) fa di quest’albergo un luogo assolutamente consigliabile (noi non l’abbiamo utilizzata, ma l’albergo è anche vicino alla stazione degli autobus arabi che permettono di raggiungere le città della Cisgiordania).



Prendiamo l’autobus per raggiungere la Central bus station. Lungo la strada rimaniamo imbottigliati in un ingorgo di mezza mattina. Scendiamo per proseguire a piede e una signora che ci dice di avere un fratello che vive in Italia ci indica il percorso per raggiungere la stazione dei bus.



Per entrare alla Central ci fanno passare i bagagli ai raggi X. La ragazza al monitor richiama la Francese con due parole: “the knife”. Lei mi guarda: “che ha detto?”. Recuperiamo il coltello a serramanico in fondo a una tasca dello zainone di Iaia. La Francese lo consegna nelle mani dell’agente delle security richiamato per verificare quanto siamo pericolosi. La Francese mostra il suo passaporto e propone le sue inoppugnabili motivazioni “to eat fruit in march”. E probabilmente, proprio grazie al non-sense della risposta e a una lama piuttosto dura che l’addetto alla sicurezza non riesce neanche ad aprire, ci lasciando andare restituendoci il coltello.

Compriamo i biglietti per Ein Bokek, la nostra rilassante (e un po’ pacchiana) destinazione sul mar morto. In attesa del nostro bus facciamo due chiacchiere con un ragazzo tedesco, studente di scienze della formazione primaria, che sta facendo un lungo stage nelle scuole israeliane e che nel tempo libero gira il paese per diletto.





Gerusalemme

Gerusalemme

Accampamenti BeduiniVerso il Mar Mort

Via, il bus arriva, saliamo e partiamo. Ci lasciamo Gerusalemme alle spalle e appena fuori città è già quasi deserto. Avvistiamo qualche sparuto insediamento beduino, mentre si susseguono i cartelli che indicano la nostra discesa al di sotto del livello del mare. Il mar morto si rivela sotto le spoglie di uno specchio verde smeraldo dai contorni bianchissimi di sale. Sullo sfondo le montagne giordane sono quasi un miraggio evanescente, dai contorni svaporati nella foschia che ispessisce l’aria della depressione. Superiamo diverse località come Ein Gedi, Masada. Tocchiamo alcune spiagge rinomate, come la mineral beach, e finalmente arriviamo in quel rinomato agglomerato di alberghi benessere che è Ein Bokek.





Ein Bokek

Ein Bokek, hotel Oasis

Ci siamo, al cospetto dello scintillante albergo scelto dalla Francese, alla mite temperatura estiva di un aprile a 400 metri al di sotto del livello del mare.

Prendiamo possesso della camera grande come una suite, infiliamo il costume e scendiamo in spiaggia. Il mare è come te l’aspetti, un brodo salatissimo e caldo che ti permette di nuotare, e male, solamente sul dorso. Se allunghi una mano sul fondale quello che tiri su è sale grosso pronto per fare la pasta. E l’acqua è limpida, chiara e trasparente. Il bagno tonificante e riposante insieme. Dopo una doccia di acqua dolce, ci abbandoniamo mollemente sulle sdraio messe a disposizione dall’albergo, asciugandoci al sole.













Ein Bokek

Evviva la vacanza, il riposo, l’ozio, il mare e il sole.



Quando ne abbiamo abbastanza, lasciamo la spiaggia e ci aggiriamo per i negozietti di Ein Bokek, uguali a quelli di qualunque località di mare al mondo. Ma qui le confezioni di fanghi, creme, saponi e trattamenti di bellezza la fanno da padroni. Fortuna che abbiamo lasciato i portafogli in camera…



Tornati in albergo decidiamo di approfittare della spa a disposizione degli ospiti. Ed è un vero spasso. Una grande jacuzzi ci massaggia le membra provate dalla maratona di tre giorni nei vicoli di Gerusalemme. Dentro una piscina riempita d’acqua del mar morto al centro della spa, provo l’esperienza di galleggiare in assenza di gravità e di attrito, rimbalzando da un capo all’altro della piscina come un cosmonauta nella sua navicella spaziale. La Francese fa la spola tra la sauna umida e quella secca e infine mi convince a sdraiarmi sopra i marmi bollenti dell’hamman. Torniamo nella jacuzzi e poi di nuovo nella piscina. Non ce ne vogliamo più andare.




La sera mangiamo nella terrazza di un bar/tavola calda, ma del resto l’offerta gastronomica a Ein Bokek è quasi inesistente. Facciamo un altro giro per negozi, questa volta con i shekel necessari a riempirci le borse di souvenir benessere e torniamo in albergo, con la lentezza e la serenità che si addice ad un piccolo paradiso salato ai margini del deserto.

2 commenti:

Unknown ha detto...

E' un posto assolutamente sconosciuto per me. Proprio per questo ispira la mia fantasia. Bel reportage. A presto.

Nathan ha detto...

grazie,
lemme lemme, arriveremo all'ultimo giorno :)

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