giovedì 4 ottobre 2007

Diario di viaggio: Normandia e Bretagna - Luglio 2007 (ULTIMISSIMA PUNTATA!!!!)

28 luglio 2006


Rigenerati dalla buona dormita, freschi come se ci fossimo messi in viaggio da ieri (e non da 12 giorni di itinerante cammino) decidiamo di fare una tappa di più, uno dei famosi Castelli della Loira. ...e perché no scusa? Oramai ci siamo, sono solo pochi km di deviazione. Puntiamo su Château de Chenonceau perché è il “castello delle dame”, almeno così avevo letto sulla guida:

“Lo volle Caterina Briçonnet, lo abitò la bellissima Diana di Politiers, conobbe i fasti di Caterina de’ Medici” – la compaesana – “e il lutto inconsolabile di Luisa di Lorena” – tié –“… costruito sulle acque dello Cher” – come la cantante? – “alla cui immagine fiabesca contribuirono il verde dei giardini, il bianco luminoso della pietra, il riflesso delle alte arcate nel fiume” – il fiume? Sa da vedé!.

‘Na parola. Dopo ore e ore di strada normale, dopo traffico e code, dopo l'umiliazione e gli scarsi risultati ottenuti da parte mia, nell’assimilare i rudimenti della lingua francese – Nathan ha tenuto alla sottoscritta una sorta di lezione in auto su nomi della settimana, mesi dell’anno, numeri ecc. – dopo tutto questo alle 12 del mattino, arriviamo nel grande parcheggio assorbi-turisti da macchina mangiasoldi qual è il castello della Loira da noi prescelto.

“Io non entro se c’è da pagare!” sentenzia l’AmoreMioDalciuffo.
Quasi sicuramente stiamo fuori, penso io.
Scendiamo a perlustrare. Si paga eccome se si paga, anche solo per visitare i giardini. Ci pensiamo un po’, poco eh, e decidiamo che non abbiamo tempo per una sosta che meriti il pagamento di 9,5 € euro di biglietto! Così il castello di Chenonceau si aggiunge all’arazzo di Bayeux e altre cose che non abbiamo visto non abbassandoci a pagare la gabella.

Oddio, non è un problema di gabella. Se già te ne frega poco e in più il tempo non gioca a tuo favore... che glieli lasci a fare tutti sti sghei. Certo che almeno nel giardino ci potevano fare entrare. Nemmeno la facciata di sto castello abbiamo potuto vedere.



Tornando sui nostri passi, tentiamo di sbirciare qualcosa da fuori, magari un varco tra l’alta boscaglia per mirare il castello da lontano! Sieee, col piffero! Questi francesi sanno bene come far fruttare le loro bellezze, ed anche le nostre, visto le numerose opere italiane nei loro musei… ma questo è un'altra storia! (direbbe Lucarelli).
Riprendiamo la strada lungo la Senna, quella ad andatura lenta, che ci porta a fare una sosta in un supermercato per fare benzina e curiosare – lo abbiamo detto Amore che in Francia la benza costa meno, grazie alla liberalizzazione che vuole fare anche il nostro ministro Bersani?

Mah. La benza direi di no. Il gasolio invece sì. Costa meno. Anche venti centesimi di differenza tra la Total e i distributori dei supermercati.


Ciacciamo un po’ tra merci e prodotti vari. Compriamo anche una bella baguette e due forme di caprino per fare il nostro pic-nic lungo la tanta strada che percorreremo oggi. Vogliamo andare a dormire a Digione, spezzando così il lungo tragitto di rientro verso casa. Comunque, prima di Digione, l’obiettivo è Bourges, perché, sempre la guida, la indica con due stelline, dato che anch’essa è nella lista del patrimonio dell’umanità compilato dall’Unesco. Le stelline sono per la cattedrale di St-Ètienne, capolavoro dell’architettura gotica, e noi siamo stacanovisti delle cattedrali. Ma non è poi dietro l’angolo, dopo un bel po’ di strada normale lungo il fiume ci immettiamo in autostrada poco prima della città e ne approfittiamo per fare una cosa molto francese, pic-nic alla piazzola di servizio: paese che vai usanze che trovi!

In città, come nostro solito cerchiamo il parking sotterraneo del Hôtel-de-Ville. Entrare è facile, segui la rampa, è stato più difficile di sempre trovare l’uscita a pedonale, tanto più che siamo sbucati in un centro commerciale! Come Pinocchio nella balena!
La cattedrale è davvero bella come preannunciato, ed anche molto divertente perché vi troviamo un matrimonio, uno stuolo di invitati che si fa fotografare con i convolati proprio sulle scalinate della Chiesa. Però, noi che eravamo dentro, il matrimonio non l’abbiamo mica visto... Un falso! Matrimonio in municipio, foto sul sagrato. Si vede che fa chic! Altra cosa colpisce la nostra curiosità civettuola, una bella invitata con un cappello importante cattura molta più attenzione della sposa. Per parlare della pietra che li contorna. St-Étienne è mastodontica, ha ben cinque navate e le vetrate sono tra le più ricche e complesse di Francia, peccato che noi siamo ormai sazi di questo gothique flamboyant.
“Facciamo un po’ di shopping?”
“Scordatelo”
Questa la nostra conversazione muta mentre passeggiamo per le animatissime vie del centro, guardare ma non toccare. Qui a Bourges si respira un’aria decisamente più cosmopolita rispetto al nord della Francia, più parigina, con le sue numerose etnie, negozi in franchising e griffe internazionali.
Riprendiamo il cammino per una lunga tirata di 200 km verso Digione, la città della mostarda e dei grandi vini! Non nego che è la gastronomia che mi attira. Il tragitto sembra interminabile, passiamo anche diversi posti interessanti che ci fanno tentennare nel tirar dritto, ma come dire, è la voglia d’arrivare che si impone. Snobbiamo quindi luoghi che avrebbero meritato una sosta come La-Charitè-sur-Loire, Vézaly, anch’essa patrimonio dell’Umanità per l’Unesco – un dubbio, ma la lista dell’Unesco è compilata da francesi? – Clamecy o Avallon. La strada è bella, mossa da dolci rilievi e colline a perdita d’occhio, ogni tanto qualche agglomerato di case, qualche mercatino da “cantine aperte”. Noi tiriamo avanti: “tuttaddirittoamore!!”.

Digione è grigia come una grande snodo ferroviario. Forse perché abbiamo parcheggiato innanzi alla stazione? Troviamo diversi alberghi e scegliamo “ilCampanile” come ci aveva consigliato un amico di famiglia. Come è accaduto anche ieri, dopo di noi, alla reception è apparso il cartello “complet”: che culo! Ci hanno dato una stanza portaerei, un letto king size e un lettino in aggiunta, 4 parure di asciugamani. Ci sbrachiamo e ci prepariamo a recuperare la parvenza della vacanza e non del tour de force.
Coccolati e con una nuova piega all’insù delle labbra ci appropinquiamo a conoscere la capitale della Borgogna! Vialoni stile impero e facciate grigie conduco ad un’esuberante piazza bianca: place de la Liberation dove si affaccia il maestoso Palais des Ducs et des Etats de Bourgogne. Per le vie del Centro siamo accompagnati da una goliardica combriccola capeggiata da un gallo giallo, ipotetico addio al celibato, o avvio alla naia, o a qualsiasi altra occasione che gli uomini trovano per rendersi ridicoli!
La città è deliziosa, oltrepassata la prima cortina grigia, ha un cuore animato e giovane, fatto di tavolini all’aperto e facce soddisfatte. …E come potevamo anche noi non mettere le gambine sotto la tavola! Il luogo lo impone e quindi seduti! Mi piace “Le Petit Roi de la Lune” e Nathi mi accontenta. Non ci risparmiamo sulla fine: io in particolare che incurante di un passato di intolleranza al lattosio, mi faccio di Camembert fritto! Da non credere, ti impasta tutta la bocca lasciandoti in necessità di vino e qui ci siamo fatti intortare da bravi turisti dal maitre che, come usa dalle loro parti ci ha piazzato la lavagna sul tavolo per scegliere i loro vini al bicchiere, venduti a peso d’oro: volnay 2003 leggero e fruttato, e sauvage assolutamente da tagliare con il coltello per la sua corpulenza. Nathi invece s’è fatto di patè di fegato d’oca… Dice: “ Sai a Sud, trovi cartelli lungo le strade, che ti guidano nelle fattorie per la degustazione del patè, un po’ come a nord lo abbiamo visto per il sidro”. “Poverine, quelle ochine poverine, che stanno ingrassando adesso in Francia del sud, dovremo andare a trovarle Nathi, non trovi?”.

Il cielo grigio della mattina della domenica 28 luglio non ci fa rimpiangere il rientro (mappa). Procediamo consapevoli di non essere alla fine, ma solo all’inizio di una prossima settimana di casalinghitudine, a tu per tu. Compriamo da un fornaio ancora un pain-au-chocolat e procediamo verso i monti. La successiva sosta infatti sarà montana: Chamonix-Mont-Blanc, cittadina nella parte francese del Monte Bianco che l’AmoreMio non ha mai visto, e nemmeno io e perché farcela mancare allora!
Parcheggiamo tra il passeggio disordinato di alpinisti seri e improvvisati, di gente distratta e disinteressata. Ci colpisce un bambino bizzoso per le testuali parole in milanese: “Dai papi! Comprami qualcosa, qualunque cosa, ma comprami qualcosa!”. Senza commento.
Apprezzato il paese, i pannelli illustrativi della “grande funivia” e di come l’ingegnere che l’ha costruita ha risolto le difficoltà tecniche, ci avviciniamo al traforo del Monte Bianco. 11 km . Sì, troppi chilometri per un buco nella terra, s’è visto nel 1999. Forza e coraggio, all’andata abbiamo fatto il Gran San Bernardo, dobbiamo chiudere il cerchio.
Ci avviciniamo al casello, paghiamo non poco, di sicuro più che all’andata, 32,30 € ma la sbarra non si apre. Attendiamo il nostro turno, gli ingressi sono scaglionati. Accendiamo la radio come da istruzioni cartacee e incominciamo a prestare attenzione a quel che dice il talloncino che ci hanno consegnato: 1) tenere una distanza di 150 mt dall’auto davanti, le linee blu sul muro servono a questo, 2) velocità di crociera tra 50 e 70 km all’ora, per cui tot giri sul nostro cruscotto dal tachimetro rotto e…
“Benvenuti nel Traforo del Monte Bianco…”
Azz! Dalla radio entra una anonima voce che parla proprio a noi, nell’abitacolo della nostra Ammiraglia. Madonna che paura che m’ha fatto! Ma lo tengo per me, per non allarmare Nathi. Il tunnel non ha corsie di emergenza con porte taglia fuoco come invece aveva quello fatto all’andata.
Chiedo:
“Come è successo l’incidente? Cosa ha causato l’incendio?”
“Amore ancora? Te l’ho detto due minuti fa!?”
“Ah, non ricordavo”.
A 60 km all’ora ‘sto buco non finisce mai. Nessun cartello che dice quanto manca, anche se oramai ci dovremmo essere, uff… fino a quando, ecco di nuovo la voce:
“Benvenuti nel traforo del Monte Bianco…”.

Dunque, ci siamo, stiamo sbarcando in Italia, tra poco usciremo, ecco, questa è la fine, almeno di questa storia.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

hai visto amore, che alla fine siamo usciti dal tunnel? ;-)

Anonimo ha detto...

...riuscirà Baol ad arrivare fin qua?

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