martedì 25 settembre 2007

Week end padano. Piacenza: notte.


"…stiamo per arrivare nella stazione di Piacenza, ringraziamo per aver…”
“Guarda amore, se stavolta non sei ad aspettarmi al treno…”

Venerdì sera, due ore e poco più di treno e sto per scendere a Piacenza, Nathan sarà sul binario, stavolta, almeno così ha promesso. Inauguriamo l’anno accademico delle nostre trasferte con un fine settimana padano. Domani presidieremo una delle tante presentazioni dell’antologia noir in cui appare un racconto di Nathan. Dopo Fidenza, dopo Ponzano superiore, dopo Bologna, domani saremo a Belgioioso. Nessuna mania di protagonismo, solo un’occasione per trovarci a metà strada e risparmiare a Nathi un po’ di chilometri, perché di settimana in settimana, è lui che ne macina sempre di più per scendere nella statica e immobile, rinascimentale Firenze.
Stanotte siamo a Piacenza. Stazione d’arrivo di un treno veloce. E poi, ho voglia di visitare questa città. Non ne so molto. Sono stata sui Colli, con Nath ma anche da sola, annualmente andavo con la mia insegnante di yoga a trovare la sua maestra. E poi non mi scorderò mai quella battuta di un film del Benvenuti che ne sai tu della solitudine di un calabrese a Piacenza!”. Questa è l’occasione per spiare un po’ questa città e saperne di più. La città delle tre c.

Il treno entra in stazione, in lontananza ciminiere alte e fumose, sotto la luce algida della pensilina appare Nath, di persona, lì a prelevarmi! Nel nostro abbraccio svaniscono tutti i mali della settimana e ci incamminiamo per scoprire cosa ci aspetta. Recuperiamo La Poderosa e ci buttiamo a naso nelle strade deserte, cercando il centro. Giusto qualche giro di troppo ad una rotonda e ci arriviamo.
Noi ci siamo, in centro, ma noi e pochissimi altri. Parcheggiamo, la temperatura è mite, da passeggio direi, ma c’imbattiamo solo in qualche ritardatario in bici… arriviamo nella Piazza dei Cavalli , con il suo palazzo del municipio detto Il Gotico, chiaramente il centro della città. Sotto i portici vuoti del piano terra del palazzo, alcuni ragazzi bivaccano silenti. Diffusa arriva una musica dolce, di archi e pianoforte. La luce dei lampioni fende l’aria umida quasi nebbiosa. L’atmosfera è superba, musica, atmosfera, scenografia… attorno deserto, o quasi. Facciamo due passi, arriviamo al locale che diffonde la musica, un bar, dietro un altro bar. Fino ad ora non abbiamo visto nemmeno un ristorante. Ancora quattro passi, niente, tutto chiuso, venerdì sera, appena le 22 e tutto è chiuso. Cambiamo direzione, troviamo via XX settembre, un asse viario che porta al Duomo. La prospettiva della strada inquadra una piccola porzione della facciata in romanico lombardo, illuminata per l’occasione in modo suggestivo. Lungo il percorso un kebabbaro che ci guarda sconsolato dalla vetrina. Arriviamo in piazza e sospiriamo di sollievo. C'è un ristorante con tavolini all’aperto. A dire il vero, non ci entusiasma molto, ha tutte le caratteristiche per essere una sòla, ma non abbiamo altra possibilità.
Da cosa si vede che un ristorante è una possibile sòla? In questo caso,
1) dal carattere sciatto dell’apparecchiatura,
2) l’insegna riportava ristorante pizzeria e il nome, non ricordo Carmine, Pasquale… bho.. insomma tipico da calabrese a Piacenza! Nessun pregiudizio, è che a noi piace assaggiare la cucina tipica locale, l’insegna non ne dava l’aria
3) la pizza deve essere buona ma non avevamo referenze su Carmine…
Ci sediamo e il menu di troppe pagine conferma i miei sospetti! Questo è un mio giudizio personale. Penso sia impossibile tenere un menù di grande assortimento e fare tutto buono. Sono molto più affidabili per qualità i menù con poche pietanze.
Io, tutto questo, ovviamente, lo brontolavo a Nathan così come lo pensavo… una lamentela dopo l’altra. Non mi ha più sopportato quando, con l’antipasto in tavola, ho attaccato la tiritera per la mancanza del vino. Come dire, un piccolo attrito da cause esterne.
Passata la freddura del suo “stai rovinando la cena”, abbiamo iniziato a scherzarci sopra, complice il sauvignon (ma avevamo chiesto uno chardonnay) che, arrivato oramai a fine antipasto mi sono tracannata come meritata consolazione.


A conclusione della nostra poco lodevole cena con accompagnamento di letture liturgiche organizzate dalla locale Azione Cattolica sul sagrato della cattedrale, siamo stati premiati però con la possibilità di visitare la cattedrale eccezionalmente aperta. Il grande portone spalancato sull’immensa navata centrale, scandita da enormi pilastri cilindrici e alte pareti in laterizio caldo e con ciechi matronei. Al centro una cupola con affreschi di un rimaneggiamento post cinquecentesco e alla base, sul lato destro, un bellissimo pulpito scolpito con figure di animali. Complice l’alcol ma soprattutto la monumentale bellezza della Chiesa, la nostra serata ha ripreso “calore”.

Ora ci aspettava una prova dura. L’albergo.
Era accaduto che nella prenotazione mi ero un po’ alterata con il receptionista. Che nessuno si azzardi a dire che è colpa del mio carattere! Questa volta avevo ragione! Come usa adesso, a garanzia della prenotazione chiedono i dati della carta di credito, ok e fin qui tutto bene. Solo che i dati me li ha chiesti dopo che mi aveva già confermato la prenotazione, senza specificarne la necessità. Quindi stuporone, quando dopo la mail di conferma, mi ha mandato anche un modulo in cui richiedeva i miei dati di carta e l’autorizzazione ad adoperarla nel caso in cui non ci fossimo presentati. Bene. Compilo tutto e mando conferma di prenotazione giovedì alle 15. Dopo nemmeno 5 minuti sento il mio cellulare bipbip.. messaggio:
“Banca pinco palle … addebito… pagamento 81 € per Hotel Nord Piacenza”
Non ci posso credere! Si sono pagati la camera in anticipo! Non ci penso due volte e chiamo troppo arrabbiata per esprimermi correttamente:
-“ Fpt Ma come avete ptu ptù voi no potete ftpù”.
Fatto sta, che dopo due ore ho ricevuto lo storno:
“Banca pinco palle … storno… pagamento 81 € per Hotel Nord Piacenza”
Il tipo lì, BuonaseraHotelNordPiacenzarispondeGianqualcosa, avrà pensato che o non gli volevo dare la valuta in anticipo di 2 giorni oppure che da amanti clandestini, non potevamo lasciare segni sulla carta di credito… come, vedo troppi telefilm? Eh, ci sta!

Non sarebbe stato carino chiudere la serata, discutendo anche con l’addetto dell’albergo. Quindi, ho mandato avanti l’AmoreMio, ho abbassato la testa e ho tirato dritto, una volta con le chiavi in mano, verso l’ascensore, per chiedere poi immediatamente, appena chiusa la porta, “come si chiamava quello, Gianqualcosa?”. Non era lui, ma aveva sicuramente attuato la sua vendetta, riservandoci una camera non troppo grande in fondo al corridoio.
Ma quello che Gianqualcosa non sa, è che noi ci vogliamo così tanto bene, un mondo di bene, che della dimensione della stanza poco ci importa, ci basta un letto grande dove dormire insieme, vicini o abbracciati, per mano o di fianco, distanti magari, ma pronti a sorriderci al risveglio di un buongiorno insieme!

3 commenti:

Baol ha detto...

ftpù mi da tanto del "fidipù" di benniana memoria...lo so, son monomaniaco :)

Anonimo ha detto...

ho riso molto leggendo il post visto che sono appena tornata da un paio di giorni a piacenza e tutto quello che hai scritto mi é TRAGICAMENTE familiare :))

Anonimo ha detto...

ciao Tostoini! allora anche tu sei una nomade giramondo?

ciao Baol, ehh.. non proprio fidipù.. ma un intasamento di consonanti sulla mia lingua :-)

buona giornata a voi, domani, spero, la parte successiva!

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