giovedì 6 settembre 2007

Lambrusco, zanzare e culatello.

Tra la via Emilia e...


Se semplicemente non ti accontenti di fare il nomade, ma decidi di esserlo e di consacrare ogni sacrosanto weekend della tua vita al vagabondaggio in terra italica, ti capiterà di arrivare il lunedì mattina in debito di riposo, a domandarti come potrai affrontare una nuova settimana, ma soddisfatto di aver gli occhi pieni di luce, le orecchie di belle conversazioni, lo stomaco di prelibate specialità.
Cominciamo da Fidenza, dove arrivo verso le 19,30 di venerdì, semplicemente per proseguire verso Tabiano Terme, dove la Francese ha prenotato una camera in questo bed and breakfast in faccia alle colline del pre-Appennino. Lei arriverà stasera, non prima delle dieci, con quel treno aerodinamico che buca le montagne e un altro a manovella che tarderà la sua corsa prima della stazione di Fidenza. Dove io ritorno dopo aver preso possesso della camera, pagato in anticipo, secondo l’inconsueto uso della casa, diretto alla libreria Mondadori di via Berenini. Qui incontro l’ospitalissimo padrone di casa, Christian, che non mancherà di mettere a disposizione delle nostre gole il suo bar, i ragazzi di questa avventura dal vestito noir e il sigaro-dotato scrittore di Salsomaggiore che sarà il nostro testimonial. E il tutto si svolge come si deve svolgere, con tante parole che salgono dal tavolo verso un pubblico di intimi ma attento, nessuna domanda che rompe il ghiaccio alla fine dei discorsi, alcuni autografi da scrivere sui frontespizi. La Francese arriverà quando è già tutto finito, forse il momento migliore, quando i discorsi di esplorazione e confronto si sciolgono a quattro o sei occhi. Arriverà e il primo piatto di affettati e lambrusco del weekend apparirà sotto i nostri nasi. Tutto offerto dalla casa ovviamente, in questa serata da vips.

Salsomaggiore si svela ai nostri occhi la mattina seguente. Un clima da anni trenta nel bel Palazzo Berzieri (quello delle terme), sessanta e settanta nei dehors dei locali, nelle facce della gente. Vagoliamo tra ingrandimenti di miss, parrucchini che non si vedevano da decenni, giocatori incalliti di briscola e golose pasticcerie. Torniamo a Fidenza, a scoprirla alla luce del giorno.
Dopo una serie di giri e rigiri intorno, troviamo un parcheggio aggratis e c’inoltriamo in direzione del duomo. Sarà l’ora della tarda mattinata o il weekend tra agosto e settembre o entrambe le cose combinate, ma in giro non s’incontra quasi nessuno. Giriamo intorno al duomo per raggiungere la facciata passando davanti a un ristorante dai tavolini invitanti. Il duomo però è chiuso, forse per la pausa pranzo, e ci dobbiamo accontentare della facciata capanna. Tornando sui nostri passi e decidiamo di puntare il ristorante che lo costeggia. Mentre ci avviciniamo l’ostessa, in piedi tra i tavoli del dehors si mette a fissare la mia lenta manovra di abbordaggio. “Tu dove credi andare con quel mezzo sorrisino che hai?”, mi fa. “Mah… si pensava di sederci a un tavolo”. “A quest’ora?”. “Troppo tardi?”. “Ah”, parlando all’aria, “loro arrivano così e pensano di mangiare, eh, e io quando me ne vado di qui?”. Io e la Francese temporeggiamo. “C’è quel tavolo”, dice allungando il collo. Ci sediamo. “Scusatela, è un po’ pesa”, ci dice il suo collega che sta apparecchiando un tavolo vicino al nostro”. Sarà, ma com’è che qui a Fidenza parlano tutti come Gene Gnocchi?
“Su allora, che prendereste, ora che vi siete voluti sedere?”, ci chiede l’ostessa.
“Che c’è?”, chiede la Francese. Alla fine di una sequenza variegata di tagliatelle e tortellini, la nostra attenzione va all’unico piatto con un nome in dialetto che suona come Sbigulin con faseui. Ma optiamo per l’antipasto di affettati misti con la torta fritta, “e poi vediamo”. Si dà il caso che facciamo i difficili. Ma alla fine lo prendiamo, un piatto di Sbigulin con faseui, una porzione in due, dopo un lungo tentennare tra un piatto e l’altro, tra le esclamazioni della signora e il “collega” che da lontano le suggeriva: “più fai la pesa e più loro ti fanno aspettare, è chiaro”. Proprio come l’avrebbe detto Gene Gnocchi. Tutto bono, però, davvero tutto bono.
E mentre affondiamo le nostre forchette negli Sbigulin, innaffiati da un vino della casa che vi lascio indovinare, scopriamo che nemmeno eravamo gli ultimi e che un gruppo di ciclisti in mountain bike, accompagnati da un omone in cravatta e abito chiaro, si siedono al tavolo vicino al nostro. Ma io, mi dico, questo qui dal fisichino esile, gli occhiali a montatura rossa, il naso lungo, l’ho già visto, l’ho proprio già visto, anche se qui a Fidenza proprio non conosco nessuno. Ah sì, è Volonté dell’UDC, ecco chi è. Uno di quei dichiarazionisti che sparano un fuoco di fila contro il governo al tiggì delle otto. Sì, Volonté dell’UDC, volto immancabile del Tg1. Uah, Francese, che culo che abbiamo! Appena il tempo di ricordarmi chi è l’omino ed ecco che l’omone dal completo grigio afferra il telefono annunciando “ora chiamo Gene e te lo passo”. Eh? Chiama Gene e lo passa a Volonté? Ma è il festival dell’orrore!
“Pronto Gene, ciao, sono l’ex sindaco di Fidenza…Ciao. Sì.. come te la passi Gene? … Sì Gene, sono qui con Volonté…. siamo al ristorante di tua sorella… senti… ti passo Volonté…”
Ma è una candid camera?
Insomma abbiamo mangiato al ristorante della famiglia Gnocchi e abbiamo preso sbigulin con faseui: che sfacciati! La tipa scontrosa è la sorella, il “collega” buono è uno dei fratelli e ad un certo punto pure la mamma si è presentata a portare i suoi omaggi ai vips a pranzo (ma stavolta non si trattava di noi).
Se vi capita di passare da Fidenza, quindi, non mancate di andare a farvi maltrattare al ristorante del Duomo! Vi divertirete un mondo.

Ripartiti da Fidenza, dopo un prelievo di culatello alla Coop, ci siamo concessi un giro a Parma. Qui abbiamo semplicemente passeggiato, passeggiato e passeggiato. Ho convinto La Francese a non spendere 8 euri per la visita del Battistero, abbiamo indugiato tra le navate del duomo e ci siamo concessi un gelato a forma di rosa talmente buono che se ancora ci penso… Ma Parma è stata solo una tappa sulla strada per Correggio. E che ci siamo andati a fare io e la Francese in quel buco nero della bassa che ha dato i natali al pittore Antonio Allegri?
SBAGLIATO!
Non siamo andati a cercare la casa di Ligabue. Per chi ci avete presi? No, no e poi no. A Correggio siamo andati al cimitero, ma nemmeno a quello di Correggio, anzi per la precisione al cimitero di Canolo, una frazione ancora più sperduta e remota. In rispettoso e solitario pellegrinaggio. Ma questo la domenica mattina, come si usa per le visite al cimitero. Sabato sera, invece, arrivando da Parma, abbiamo preso alloggio in questo albergo da 130 euri al prezzo di 50 (lode alla Francese per il suo fiuto) e ci siamo incamminati nel centro di Correggio in cerca di un ristorante.
Invano, o meglio un ristorante, e anche invitante, un’atmosfera da vecchia locanda con le tendine a mezza finestra, l’abbiamo trovato. Ma una desolazione tutt’intorno. Solo noi in giro per il centro, e sciami di rumene cariche di pacchi e valigie in attesa del pullman per Bucaresti. Ma i correggesi, in questo sabato di fine estate, dove sono scappati tutti?
ALLA FESTA DE L’UNITA’ DI REGGIO EMILIA! Dove la Francese, dimostrando di aver ormai imparato a gestire i miei facili scoramenti, decide di portarmi. A Reggio A Reggio! Dove la FestaReggio è la festa per antonomasia, la festa del partito senza sé e senza ma, la festa senza aggettivi e senza specificazioni. E’ la FESTAREGGIO. E basta. Talmente grande da occupare l’area di un aeroporto, talmente opulenta da offrire decine di menù e variegate cucine regionali, con la libreria dentro un hangar e il servizio al tavolo, con veri piatti di ceramica e bicchieri e posate e il carrello del dolce e i sorrisi e l’entusiasmo che dalle mie parti si mette alla festa patronale e in questa terra lontana un milione di anni luce è un Gesto Politico.
Prendiamo un antipasto di affettati (ancora? Eh sì ancora) e costine di agnello, io, e un filetto all’aceto balsamico e scaglie di parmigiano, la Francese. E il vino, senza bollicine, stavolta, un teroldego rotaliano, che non c’entra nulla, ma del lambrusco, la Francese non vuol nemmeno più sentir parlare.

Domenica mattina lasciamo l’albergo inoltrandoci nella campagna. Attraversiamo Tre Case e giungiamo a Canolo. Il paese è una fila di case tra le vigne di… lambrusco (inserito nelle guida “Sulle strade della gastrite: centinaia di chilometri di acidità”, la Francese non lo digerisce proprio questo vino, la paternità del titolo è sua). Scorgiamo una donna nell’aia, mando la Francese a chiedere del cimitero. “Vicino chiesa”, eh, come non pensarci. Arriviamo e parcheggiamo, vicino alle altre due macchine di visitatori. Al cancello una scritta “Si prega di non lasciare acqua nei vasi per evitare la proliferazione della ZANZARA TIGRE”. Ohi ohi, mi ci voleva la tuta d’astronauta, qui, con la mia pelle abituata alla montagna zanzar-free. Entriamo. Due donne parlano all’ingresso, per il resto nessuno. Il piccolo cimitero a pianta a croce è abbastanza raccolto da evitare di dover farci indicare la tomba dello scrittore. Seguiamo il perimetro leggendo i nomi e guardando le foto sulle lapidi al muro, tenendo per dopo quelle a terra. Mi gratto il collo, forse solo per tenere a bada l’emozione di questa strana cosa che stiamo facendo. La tempia sinistra è già preda di una puntura succhiasangue. Proseguiamo ancora, facciamo il primo braccio, il secondo, il terzo. E’ in fondo a questo, dopo un’altra puntura sulla spalla e una serie di cognomi come il suo, che lo troviamo.
Pier Vittorio Tondelli, 1955-1991, scrittore.

Modena. La Festa provinciale de l’Unità, prima di tutto. Se possibile, una superficie ancora più grande di quella di Reggio. Una ventina di ristoranti, un’immensa libreria (purtroppo chiusa fino alle quattro), un’immensa arena naturale per i dibattiti che degrada verso un palco da rock star. E i compagni gaudenti del ristorante Family (un tributo al PD che verrà?) dove prendo i tortellini al ragù e la Francese un piatto di garganelli alle verdure.
E poi il centro di Modena in una domenica sonnolenta animata dalla giornata nazionale della cultura ebraica, con visita alla Sinagoga e due passi nell’antico ghetto di questa città. Bivacchiamo alla luce della piazza che costeggia il duomo e infine c’infiliamo tra le navate romaniche, i finti matronei, le colonne tonde e cruciformi, la cripta bizantineggiante.
Alle 17.52 la Francese sale sul treno per Bologna nonostante la colla che spurghiamo dalle labbra. La porta si chiude. Io resto sotto e lei mi fa ciao con le labbra. Il treno che parte con la lentezza dei treni. Io che rimango fermo a guardare e poi m’incammino verso la Poderosa. Io che metto in moto e mi muovo nel traffico, sbaglio strada almeno un paio di volte, mi trovo in fondo a un viale a fondo cieco, torno indietro e infilo la tangenziale in direzione Bologna, fino a una rotonda che mi riporta in carreggiata. Il telefono che vibra, la Francese che è quasi a Bologna. Io che imbocco il casello con il sole del tramonto negli occhi e Modena alle spalle.

mappa

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Amoreeee!! che bel racconto! è bello ed avvincente come il nostro fine settimana emiliano!!
un paio di cose però ti sei scordato, ed è comprensibile visto la quantità di cose fatte... le cupole del correggio, nel duomo di Parma e in San GIovanni e Vigoleno, uno dei borghi storici più carini d'Italia! Ma le foto compensano amor mio, siamo o no una coppia formidabile!

:-)

Francesca Palmas ha detto...

Che ridere la scena del ristorante a Fidenza...E che bello il gelato a forma di rosa *_* e tutto il racconto è bello bello bello :)

Baol ha detto...

Ho interrotto la mia lettura della vostra cronaca fracese a puntate per gustarmi (nel vero senso della parola) questo bellissimo post che mette allegria ed appetito (ma con che livello di colesterolo siete tornati...vabbè), ormai mi sono convinto che se un giorno dovessi organizzare un viaggio prima vi manderei una mail per chiedervi informazioni :)

titty ha detto...

sempre in giro eh che bello...!!

Anonimo ha detto...

io per anni e anni passavo traumatici giorni di estate a tabiano! mi rinchiudevano insieme ad altri bambini sfigati in stanzette con le sedie verdi e ci dicevano respirate respirate per bene!
all'inizio pensavo che fossero camere a gas...ma questa ipotesi si è rivelata - evidentemente - infondata, visto che sono ancora qui a parlarne fumando una sigaretta

ecco, per dire che con calma mi leggerò tutti racconti estivi!

:)

Anonimo ha detto...

ho passato...
ci ho il verbo arrugginito!

Anonimo ha detto...

ciao a tutti! bentornati!

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