martedì 11 settembre 2007

Diario di viaggio: Normandia e Bretagna - Luglio 2007 (XII PUNTATA • PENULTIMA!!)

27 luglio 2007


Appena sveglia, complice la sorpresa di respirare ancora, ho pensato bene di pronunciare con tono perentorio le seguenti parole all’Amore Mio:
- “Amore buongiorno!” - sorriso ammiccante e continuo - “domani voglio dormire in un albergo, uno di quelli uguali a tanti che si trovano alle uscite dell’autostrada”.
Non ho alcuna intenzione di lasciarmi prendere nuovamente dalle paranoie, perché mi accorgo chiaramente che queste sono. La signora Paulette, non ha assolutamente dato segni di essere spaventata da possibili aggressioni o di essere tanto meno una psicopatica. “Mica ti avvisano!” fa l’altra vocina in me.

È suggestione, solo suggestione da arredo cupo e da desertificazione rurale attorno. Confesso: ho addirittura atteso che Nath si alzasse nella notte per andare in bagno ed essere accompagnata da lui a far pipì!
A colazione la Signora si rivela ancora più accogliente e generosa del giorno prima, mortificandomi maggiormente per averla creduta una serial killer.

È buffissima, ha una gran voglia di chiacchierare e noi, probabilmente, le rimaniamo simpatici. In particolare dopo avergli raccontato tutto il tour de France che abbiamo fatto, partendo dall’Alsazia, passando dalla Normandia, fino alle sue terre bretoni, ci considera un po’ curiosi. Parla con noi, con Nath in francese, torna in cucina e ripete tutto, forse lo racconta a qualcuno che sta di là, forse parla al telefono, non lo capiamo. Fatto è che anche la signora è una tipa curiosa, ha imparato a fare i patchwork dagli Amish del Canada, anche se in Canada non c’è mai stata, e dipinge alla moda di Pont-Aven, i quadri in soggiorno sono i suoi. Argomenta pignolamente sulla lingua francese con l’Amore Mio, che mal ha digerito la bacchettata ricevuta da una cassiera di St. Malò in relazione alla traduzione della parola sacchetto, un po’ come plume/stilò accaduto a Strasburgo. La signora gli dà ragione, vocabolario alla mano, e amplifica il suo ego, complimentandosi per il suo francese. Talmente carina la signora, da regalarci anche le susine del suo albero per il viaggio.

Ripartiamo, programmando altre due tappe bretoni, davvero le ultime stavolta: il borgo e castello di Josellin e Rennes.
Il primo è uno dei castelli più celebri di Bretagna e con ragione. Arrivando, già dalla strada, il castello s’impone con tutta la sua dimensione fiabesca, le alte torri cilindriche chiuse da tetti conici, la pietra grigia, il borgo raccolto attorno, il fiume che lo lambisce. Facciamo due passi, visitando la chiesa e il paese. Tutto è deliziosamente curato, le ortensie tornato rigogliose nei giardini delle case come in Normandia. Nath incassa altri complimenti all’ufficio informazioni, dove un’impiegata, gli chiede, depistata dal suo ottimo francese, da che dipartimento veniamo (non vi dico lui, ha fatto i gargarismi di gioia!!)
Ci rimettiamo in cammino, girando sempre due volte alle rotonde per essere sicuri di prendere la strada giusta, in direzione Rennes, altro sito immancabile secondo la nostra guida che esordisce raccontandola con le parole “sembra un miracolo!”. Sì, perché pare che la città sia miracolosamente scampata ad un incendio del 1720, che non ha distrutto la sua impronta bretone. La cittadina è sede universitaria ed è una boccata d’aria urbana "giovane" dopo tanta ruralità. Visitiamo la piazza del Palais du Parlament de Bretagna, fresco fresco di restauro e vagabondiamo per una città poco affollata ma vivace, costellata di case in traliccio tra le più elaborate che abbiamo visto. Saranno le ultime che vedremo.

D’ora in avanti ci fermeremo solo in grandi città prossime all’autostrada, per spezzare i due giorni di rientro verso casa. La prima sarà Le Mans, conosciuta solo per i suoi motori dal grande pubblico ma che ci si rivela con una strepitosa cattedrale gotica. Infatti noi giungiamo dal basso, dirigendoci a naso verso l’altura che spinge verso il cielo le guglie gotiche della cattedrale e ci troviamo in un piazzale con una vista privilegiata sull’abside della basilica. Qui è evidentissima la struttura ragniforme dei contrafforti e degli archi rampanti che sostengono le spinte delle alte ogive delle cappelle radiali tipiche del gotico fiammeggiante. Una lezione di statica architettonica a cielo aperto. Ostrogoto? Noo… Guardate la foto. Le altezze degli spazi interni sono tali che una semplice muratura non sarebbe stata sufficiente – non c’era ancora il cemento armato! – quindi di rinforza la parete con arcate esterne che seguono la linea delle ogive interne e scaricano su una superficie di appoggio a terra maggiore il peso della copertura. Saliamo una ripida scalinata che ci porta alla facciata, anonima, della Cathédrale de St-Julien. Facciamo due passi per la città dal chiaro impianto romano, fermandoci a prendere un’aranciata e a lasciarci baciare dal sole che tanto si è fatto attendere in questa vacanza. Alle 17, ripartiamo direzione Tours, avvicinandosi sempre di più al centro della regione.

Oramai maciniamo chilometri come se niente fosse, anche senz’aria condizionata e anche senza tachimetro, usciamo dall’autostrada con l’intento di cercare un “albergo uguale a tanti” come da mia richiesta di stamattina. Solo che, dal casello di Tours si accede direttamente in città, niente periferie del terziario, niente centri artigianali, entriamo subito in un bel viale alberato che preannuncia il centro storico. Parcheggiamo e ci affacciamo al primo albergo. Completo. Ahi ahi ahi… mi sa’ che facciamo sempre i conti senza l’oste! La gentile receptionist ci consiglia di andare all’albergo a fianco. Così facciamo e per una volta siamo fortunati. Hotel Mirabeau. L’altra gentile ragazza che ci accoglie, ci propone tre soluzioni di prezzo. Scegliamo l’intermedia e, per fortuna ci piace. Una mansardina a tetto, con tanto d’abbaino con servizi in camera. Ci lasciamo andare al relax e alle coccole represse dalla stanza dei mobili scuri.
Pronti per la cena, e rinfrancati dalla bella sistemazione, ci incamminiamo a piedi per il centro storico, mirando le guglie della cattedrale gotica, che per l’ora di cena è logicamente chiusa, ma che saltiamo volentieri. Ci troviamo, di lì a due passi, in una sorta di Quartiere Latino, una lunga strada disseminata di locali per la cena su entrambi i lati. L’imbarazzo della scelta crea un po’ di tensioni tra di noi, al secondo giro, scegliamo il meno affollato, un locale libanese. Al secondo tentativo di sistemarci a sedere, il cameriere e il proprietario si mettono d’accordo sul posto dove farci mangiare e ci dedichiamo a una successione mista di portate di cui comprendiamo poco, sicuramente non i nomi. Forse non è stata una scelta felice, comunque abbiamo mangiato anche per oggi. Dopo cena, mai sazi di cose da vedere ci incamminiamo oltre quella che ci sembra la fine del centro storico. Con nostra grande sorpresa, ne era l’inizio. Ci si sono aperte una dopo l’altra tre piazzette medievali, piccole e quadrate, sulle quali si affacciavano coloratissime facciate di case antiche e dehors di locali da bevuta gremiti di indigeni. Praticamente avevamo cenato nel quartiere “spenna turisti” pensando di essere nel centro storico, che invece era a due passi da lì. Come dire, meglio tardi che mai! Torniamo in albergo, passeggiando, mirando i giochi di acqua e luce di PlaceJaures dove si trova l’Hotel de Ville, in una splendida sera con un clima da fine estate che pur a luglio ben si addice con la nostra fine della vacanza.

mappa

4 commenti:

Francesca Palmas ha detto...

che bello viaggiare con voi.....

Anonimo ha detto...

è un piacere avere degli "amici"/lettori come voi!

:-)

Anonimo ha detto...

tre cose:mi avete fatto venire voglia di andare in francia, mioddio - quando volete visitare padova magari avvisatemi, che ci ho abitato 10 anni.. - è un po' tardi si, dove lo trovo 'sto bar oggi? mannaggia alla pupattola....

titty ha detto...

chissà che bei posti??siate stati a saint malo???

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