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19 luglio 2007 |


I ponti sulla Senna sono opere di ingegneria rilevanti ed imponenti, coprono luci di centinaia di metri perché qui il fiume è gigante, essendo vicinissimo alla sua foce in mare.
Le Havre si colloca proprio sull’estuario, alla punta estrema verso il mare, è il secondo porto di Francia dopo Marsiglia, ed io adoro i porti, così diversi dalla mia immobile Firenze. Questa città mi preme particolarmente. Fu completamente rasa al suolo durante la II Guerra e completamente ricostruita da August Perret, architetto di stampo antico che codifica l’utilizzo del cemento armato. Lo stesso Perret di Rue Franklin a Parigi (vedi qui). So già cosa mi aspetta, niente di quello che abbiamo visto fino ad ora, nessuna casetta tipica a graticci di legno, nessuna tinta sgargiante o balconi fioriti, ma cemento armato prefabbricato, edifici rapidi e omogenei, in risposta all’esigenza di dare una casa agli sfollati, di ridare dignità ad una città martoriata dalla guerra. Una comunità dignitosa, in nome di quello che allora era un materiale “nuovo”.
Ricordo la presenza di una chiesa ma non molto di più. Arrivati in città, optiamo per il parcheggio interrato. Una volta alla luce, ci troviamo nel cuore del progetto di Perret, la Place dell’Hotel de Ville. Il municipio ha una grande torre con orologio, eco degli storici edifici pubblici. Attorno, una piazza bella, rigogliosa di verde ed ordinata nella modularità delle facciate prospicenti. Vediamo spuntare dal tessuto urbano un campanile di quella che leggo sulla mappa essere il vago ricordo della chiesa, Sant Joseph, anche questa in cemento, anche questa di Perret. Il cielo è sempre variabile, e proprio mentre ci avviciniamo diventa grigio, come il cemento armato a vista, una luce grigia permea tutto. Giriamo attorno all’edificio quadrato, fino all’accesso, anonimo. Qui le mie aspettative sono già azzerate e incomincio a farmi un’idea sugli sfottò che Nathan perpetrerà per giorni sul maestro Perret e il suo materiale. Ma è proprio quando siamo sfiduciati che abbiamo le sorprese più grandi, no?!

(Nathan: sì sì, eccome!). Dentro si apre un ventre accogliente e luminoso. Dalla base dell’edificio si accende un cono luminoso - la lanterna centrale, quella che prima ho chiamato campanile ma che è di dimensioni esagerate - tutto costellato di vetri colorati, attuali discendenti delle vetrate gotiche. Ogni lato dell’edificio filtra luci con predominanti cromatiche diverse. Leggiamo che St-Joseph è stata riconosciuta monumento dell’umanità, e secondo noi a ragione

Ben rifocillati, ripartiamo salutando soddisfatti Le Havre e Perret, direzione Côte d’Albâtre. Abbiamo fissato per la notte in una chambre d’hote da M.me Vaird, presso St-Martiin-aux-Buneaux, loc. Tournetot. La guida Routard le etichetta uno stile veramente particolare, vedremo con i nostri occhi entro la serata. Per il pomeriggio scendiamo lungo la costa d’alabastro a vedere le falesie a picco sul mare e i caratteristi paesi normanni. Si susseguono Ètratat, dove compro la mia francese maglietta a righe in un edificio tipo mercato coperto dalla caratteristica carpenteria lignea e Fecamp, dove cerchiamo di visitare la Distilleria Bénédictine che però troviamo chiusa. Riconosciamo entrambi a questo posto un fascino molto anglosassone, quello, per intenderci, dei film di Loach. Anche per questa volta trovare la stanza della notte non è stato semplice, complice anche la pioggia. Arrivati la sorpresa è enorme, M.me Viard è una sorta di Lucia Bosè, la casa il covo di un rigattiere (la foto è sfuocata ma rende). Ci assegna un stanza duplex per 6 persone e ci consiglia di andare a mangiare a Veulettes-sur-mer. Complice il mal tempo, tutto qui sembra scarsamente abitato. Il fascino da terra alla fine del mondo viene amplificando dal vento, la luce crepuscolare e le facce lavorate dal sale. Scegliamo l’ultima bettola del lungo mare ed abbiamo fortuna, ci portano dei piatti enormi e gustosi.
mappa
5 commenti:
Nathan fa il saputello. Ma tutti noi cresciuti ad Aosta negli anni 80 sappiamo di una discoteca col tetto in paglia il nome della quale era appunto "La Chaumiere".
Percio' lui "lo aveva gia' capito".
ma io c'andavo mica, alla chaumière. ero un ragazzino dabbène, io. :-)
quello era il tuo territorio, daniel.
e il tetto in paglia proprio non me lo ricordo
con la testa ero lì... :)
ciao Daniel,
sì Nathi fa spesso il saputello, ma ho imparato a volergli bene lo stesso... sarà la distanza che dici? ;-)
ciao Morgan,
visto le temperature fresche è convenuto esserci anche tutti interi e non solo con la testa... sempra che evitando luglio abbiamo evitato il caldo!
letta anche la quarta puntata
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