giovedì 8 febbraio 2007

Così vicino, così lontano (seconda parte)


La notte ci porta riposo, più che al nostro fisico, al nostro desiderio di appartenerci, di entrare nella pelle l’uno dell’altro. La mattina di domenica, scegliamo lo stesso modello godereggio del sabato. Con aggiunte però, migliorie. Il giornale è tra queste. Desiderosa di assecondare, secondo un genetico senso materno italiano che mi contraddistingue nonostante il nome La Francese, corro a comprare il giornale al mio uomo, che ambisce sfogliare parole a colazione almeno quanto me. La fuga è veloce, e al ritorno, trovo la tavola pronta per la nostra rifocillazione. Una volta passata la carta stampata a Nath, puoi salutarlo per 3 ore abbondanti, non alzerà la testa da li. ...e allora, spinta da una cenerentolite acuta, ho deciso di rassettare il ristretto spazio che ci accoglie per poterci passare al meglio la giornata.
Puntuali come mai, alle 15.00 siamo pronti per il post colazione, che è il viaggio più succulento, più ambito durante tutta la settimana. Si tratta la lettura a due voci del libro nero. Chissà dove ci porterà? Se ritroveremo i personaggi e il suo personalissimo modo di descriverli? Il retro coperta annuncia gli stessi conosciuti luoghi rothiani, Newark, New York, Elisabeth.
Prendiamo posto e inizia l’incedere della sua voce, che modulata e teatrale, mi lascia orfana della memorizzazione dei caratteri sulla carta. È un’esperienza nuova, un libro intero letto da una voce che non è la mia, ed è una bomba!
Senza spostarsi, senza troppa spesa, siamo negli States, io e Nath, in New Jersey, poi a Mahathan, prima e dopo l’undici settembre. Siamo ad un funerale e all’ospedale, siamo a Parigi e complici di un tradimento, siamo a ridere delle battute e a riflettere sulle considerazioni amare, siamo fuori e dentro il romanzo, imitiamo teatralmente gli stati d’animo dei personaggi e notiamo lo stile dell’autore di apertura e chiusura dei paragrafi. Il buio arriva prima della fine e cediamo il passo al tempo e al confronto con “la vita vera”.
Cena con piatto tipico che Nath non conosce ma viene subito adottato, a seguire dipartita verso New Port, che di romanzo ha molto anche se non scritto. Caricature di personaggi di provincia gli avventori, collocabili in un po’ tutto il Bel Paese. Al banco, indigeni solitari ricercano altri frequentatore abituali. Ai tavoli, come noi, stranieri di pochi chilometri, accorsi per lo show, straordinariamente extra target per l’ambiente.
Concluso lo spettacolo è troppo tardi per continuare il nostro appassionante viaggio e cediamo alle fisiologiche necessità oniriche.

Dovrebbe essere disposto per legge un lunedì come il nostro.
Uno Stato coscienzioso, che ama i suoi cittadini, dovrebbe imporlo con decreto legge immediato: il lunedì mattina fare l’amore al mattino, appena svegli, o ancora con gli occhi chiusi, prima di mettersi in moto e di fare qualunque cosa.
La luce che illumina il mondo, dopo, vibra in modo diverso, allaga la visuale con una allegra leggerezza che ti mette voglia di fare qualunque cosa. Questo è successo a noi, anche se, noi, non avevamo altri obblighi stamani che soddisfare i nostri desideri d’innamorati e di voraci lettori. Quindi la colazione pranzo e la lettura senza fiato, cosa desiderare di più?!

Ma anche gli idilli hanno fine, e dopo aver concluso il libro, aver accertato quanto di autobiografico ritorna anche in questo libro - il fratello atletico e prestante alla Svedese, l’amore per le parole delle donne all’Inganno, il degrado fisico causato dalla malattia, come in Lezione di Anatomia – ci apprestiamo a separarci. Quanto forte e intenso è stato il nostro tempo personale insieme, tanto struggente si predisponeva ad essere il saluto. Una voce in me, diceva di non lasciarsi vincere da questo melodramma da abbandono, da questa paura del “dopo”, paura di sentirmi sola. Un dopo ci sarà sempre e non deve per forza essere catastrofico. Il mio pessimismo cosmico associato a quello di Roth che trasudava a fiotti dal sul ultimo nero romanzo, ha allungato i nostri saluti, dispensando baci e languidi sguardi fin oltre la solita soglia. Niente di razionale in ciò, solo l’insostenibile pensiero che questa cosa meravigliosa, l’amore, abbia toccato proprio me.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Philip Roth è uno dei due romanzieri viventi che preferisco (a parte l'amicizia personale e la grandissima stima per Alberto Ongaro...mai letto almeno il suo splendido LA TAVERNA DEL DOGE LOREDAN?)
L'altro è Mario Vargas Llosa. Lo conosci?
Il suo ultimo (Avventure della ragazza cattiva) è il più bel romanzo che ho letto da un paio d'anni a questa parte (assieme a Everyman)
luciano.comida@libero.it

http://lucianocomida.blog.kataweb.it/il_ringhio_di_idefix/2007

Anonimo ha detto...

Caro Luciano,
la rothiana appassionata è laFrancese, del resto è stata lei a battezzarmi con questo nome, è stata lei ad introdurmi all'industriosa middle/upper class del new jersey e nella new york intellettuale di quest'autore.
Ho preso nota con curiosità delle tue indicazioni e ricambio suggerendoti la forza narrativa nel contesto del midwest americano di un Franzen di "Le correzioni" e la precisione e il cesello perfezionista del britannico McEwan (a tua scelta Bambini nel tempo oppure L'amore fatale).
Grazie per aver lasciato una traccia.

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