Torino. 31 anni e mai sono stata a Torino. Che ci sia una sorta di conflitto tra noi, abitanti della Capitale del Rinascimento e loro, cittadini della Capitale dell’Unità d’Italia? In campo calcistico sicuramente, ma non riguarda me.
Come per tante altre città ho sempre nutrito un profondo desiderio di conoscere la sua dimensione urbana, il suo tenore di vita e le bellezze artistiche così nord europee. Ma nessuna mostra glamour mi ha mai portato a Torino, nessun quadro specifico mi ha chiamato al suo cospetto, nessun palazzo ha reclamato la mia presenza. Sino ad ora. Oggi è il mio cuore che mi chiama, quella metà che ormai risiede stabilmente in Nathan.
Oltre lui... le sue braccia, le sue carezze, i suoi baci, la sua bocca, il suo collo - e qui mi fermo – ci sono diverse cose che voglio vedere “attorino”. Forse troppe, visto il poco tempo che ci avanza dall’amore. Non sono più la solita turista, non giro più per città assetata di quello che voglio vedere, in cerca di recuper minuti per raggiungere anche quella chiesa, o quel parco. Quello che voglio di Torino é solo lui, e questa città che è un po’ una sua seconda casa, la città dei suoi anni d’università, di un’altra vita, una vita fa.
Della mia, inconclusa, vita di studi, Torino mi parla di piano ducale di assetto urbano seicentesco, di Guarino Guarini e la cappella della sacra sindone, di Piazza San Carlo e le palazzate tutte omogenee sulla piazza, su esempio parigino, a La Francese, come me.
Quando scendo dal treno alla Stazione di Porta Nuova, dopo che non ho avuto nemmeno il tempo di percepire, al passaggio del treno, il volume dell’edificio del Lingotto, Nathan non c’é. Sogno sempre di trovare il suo sorriso in testa al binario, ma il nostro amore ha già tanto dell’incredibile, non trasformiamolo in favola, perché le favole finiscono.
Ma passa pochissimo e il mio Nath arriva, ha la barba fatta e sembra un’altra persona. Mi prende i bagagli e mi conduce fuori da quella che sembra una moderna stazione, ed invece, lui mi fa voltare e notare che ha una facciata tutta ferri e vetri, alla Paxton! Tante volte, nel programmare questo viaggio nella sua Turin, l’ho affogato delle mie reminiscenti conoscenze storico architettoniche. Tutte le volte, lui mi guarda e sorride, forse sopporta, o forse gli piace sentirmi le mie vocali che raccontano di innesti, terratetti e transetti.
Di Piazza San Carlo ricordo che è una parte importantissima dell’espansione urbana seicentesca voluta dai Savoia per dare nuovo lustro alla città capitale del Ducato. L’incarico è affidato per l’ampliamento a sud, a Carlo di Castellamonte il quale introduce un modello nuovo per l’Italia, ma non per la Francia, quello parigino, delle place royales.
Cosa succede? Praticamente nei terreni a sud della quadrilatero romano, realizza una piazza dagli angoli chiusi, attraversata centralmente, sui lati corti, da un’arteria di traffico fondamentale, via Roma, che congiunge Piazza Castello, sede del potere temporale con la nuova Stazione della poi Porta Nuova. La piazza si connota di un tono reale, attraverso le due chiese gemelle dalla facciata concava di disegno juvarriano, attraverso i portici disposti su tutti i lati, ma fondamentalmente per le facciate omogenee dei palazzi che vi si affacciano. Per realizzare l’uniformità delle palazzate, così come in Piazza Castello, i terreni venivano donati alle famiglie nobili che assicuravano la realizzazione secondo questi schemi prestabiliti, atti a garantire la simmetria del disegno. È andata bene, non ricordo in quale piazza parigina, realizzarono prima le facciate e poi misero in vendita i terreni per realizzare il palazzo!
Per il mio passaggio, purtroppo, le due chiese e il cavallo centrale non erano stati fasciati dai teloni per il restauro. Complessivamente l’effetto che queste facciate fanno su una meridionale come me, è di austera, semplice signorilità. Avendo a disposizione cinque stelle di valutazione, darei chiaramente un tre stelle, convertibili a quattro dopo la restituzione post restauro.
Oltre lui... le sue braccia, le sue carezze, i suoi baci, la sua bocca, il suo collo - e qui mi fermo – ci sono diverse cose che voglio vedere “attorino”. Forse troppe, visto il poco tempo che ci avanza dall’amore. Non sono più la solita turista, non giro più per città assetata di quello che voglio vedere, in cerca di recuper minuti per raggiungere anche quella chiesa, o quel parco. Quello che voglio di Torino é solo lui, e questa città che è un po’ una sua seconda casa, la città dei suoi anni d’università, di un’altra vita, una vita fa.
Della mia, inconclusa, vita di studi, Torino mi parla di piano ducale di assetto urbano seicentesco, di Guarino Guarini e la cappella della sacra sindone, di Piazza San Carlo e le palazzate tutte omogenee sulla piazza, su esempio parigino, a La Francese, come me.
Quando scendo dal treno alla Stazione di Porta Nuova, dopo che non ho avuto nemmeno il tempo di percepire, al passaggio del treno, il volume dell’edificio del Lingotto, Nathan non c’é. Sogno sempre di trovare il suo sorriso in testa al binario, ma il nostro amore ha già tanto dell’incredibile, non trasformiamolo in favola, perché le favole finiscono.
Ma passa pochissimo e il mio Nath arriva, ha la barba fatta e sembra un’altra persona. Mi prende i bagagli e mi conduce fuori da quella che sembra una moderna stazione, ed invece, lui mi fa voltare e notare che ha una facciata tutta ferri e vetri, alla Paxton! Tante volte, nel programmare questo viaggio nella sua Turin, l’ho affogato delle mie reminiscenti conoscenze storico architettoniche. Tutte le volte, lui mi guarda e sorride, forse sopporta, o forse gli piace sentirmi le mie vocali che raccontano di innesti, terratetti e transetti.
Di Piazza San Carlo ricordo che è una parte importantissima dell’espansione urbana seicentesca voluta dai Savoia per dare nuovo lustro alla città capitale del Ducato. L’incarico è affidato per l’ampliamento a sud, a Carlo di Castellamonte il quale introduce un modello nuovo per l’Italia, ma non per la Francia, quello parigino, delle place royales.
Cosa succede? Praticamente nei terreni a sud della quadrilatero romano, realizza una piazza dagli angoli chiusi, attraversata centralmente, sui lati corti, da un’arteria di traffico fondamentale, via Roma, che congiunge Piazza Castello, sede del potere temporale con la nuova Stazione della poi Porta Nuova. La piazza si connota di un tono reale, attraverso le due chiese gemelle dalla facciata concava di disegno juvarriano, attraverso i portici disposti su tutti i lati, ma fondamentalmente per le facciate omogenee dei palazzi che vi si affacciano. Per realizzare l’uniformità delle palazzate, così come in Piazza Castello, i terreni venivano donati alle famiglie nobili che assicuravano la realizzazione secondo questi schemi prestabiliti, atti a garantire la simmetria del disegno. È andata bene, non ricordo in quale piazza parigina, realizzarono prima le facciate e poi misero in vendita i terreni per realizzare il palazzo!
Per il mio passaggio, purtroppo, le due chiese e il cavallo centrale non erano stati fasciati dai teloni per il restauro. Complessivamente l’effetto che queste facciate fanno su una meridionale come me, è di austera, semplice signorilità. Avendo a disposizione cinque stelle di valutazione, darei chiaramente un tre stelle, convertibili a quattro dopo la restituzione post restauro.
1 commento:
mi piace la vostra partecipazione alle esperienze dell'altro..
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