
- Ciao! Come stai? È andato bene il viaggio? Bevi qualcosa?
Un lungo fiume di suoni dalle nostre bocche ha riempito acusticamente tutti i momenti successivi, attimi intensi che hanno visto i nostri corpi deambulare per la città, mentre i nostri occhi erano intenti a scrutarci reciprocamente. Ogni tanto il pensiero e lo sguardo sono ai luoghi del nostro passaggio, vicoli deliziosi e colorati, pulsanti per l’improvvisa giornata di fine estate. Cerchiamo un posto dove mangiare, anche se quello che interessa ad entrambi, penso, non sia tanto mangiare, quanto che il luogo sia carino, pronto ad accogliere questo nostro strano e felice incontro. In questi passi prima di pranzo ritrovo subito quella confidenza conquistata per mail e poi per telefono. Me ne meraviglio, non sto reagendo a stoccaffisso, tengo la conversazione, scherzo e sono naturale. Sì, quest’uomo mi piace, indifferentemente dalla sua faccia. Quello che ho bisogno di capire adesso, è se la stessa attrazione che nutro per la sua intelligenza, per la sua logica, per il suo umorismo, la nutro anche per la sua pelle, per le sue labbra, per i suoi occhi. Se qualcosa può andare oltre, o… fermarsi quì, a questo punto ormai avanzato.

Un pensiero mi balena e lo esterno senza pensare, dalla singletudine si impara a parlare da soli:
- Uhm… speriamo che nel pesto ci siano i fagioli!
Alzo gli occhi dal tovagliolo ripiegato sulle ginocchia e lo vedo che mi guarda con due occhi interrogativi. Aggiungo:
- …Cioè …Sai, in Liguria il pesto lo fanno con fagiolini e patate non solo come lo compriamo noi…
- Sì. Lo so, anche a me piace con i fagiolini, vivrei di pasta al pesto.

Quando del caffè in bocca mi è rimasto solo un vago aroma e predomina solo quello del fumo, la signora della trattoria comincia ad alzare le sedie sui tavoli all’interno del locale, capiamo che è il caso di andare.
Riprendiamo la nostra marcia vagabondante sotto il sole di Levanto. Raggiungiamo il mare e ci concediamo una telefonata all’amica complice prima di intraprendere la passeggiata al Monte Mesco.
- Ciao! Si, tutto bene, sì, sì. Abbiamo appena pranzato e…
Due parole, sempre le stesse, cerco di rispondere in modo a lui incomprensibile alle domande insistenti e curiose dell’amica dall’altra parte del filo.
- …te lo passo, puoi dirglielo tu.
- Ciaoooooo! Ehehe Sì, sì… ma è una minaccia?
Ops! Mio dio! Cosa ho fatto ora?! Scherzeranno, dai scherzeranno. Questa storia dell’incontro al buio ha allertato tutta la mia famigliola di amici malati di singletudine.
- Scusa, ma che ti ha detto? Ah niente, dai scherzava…saliamo dai, facciamo questa camminata sul Monte Mesco.
Il Monte Mesco. Cavolo, mi ha anche mandato un sms di avviso: “scarpe comode, se ci va, saliamo per la passeggiata del Mesco”. Ho raccolto un po’ di info. Sembra non essere una camminata dura, conduce ad un altro paesino e poi il trenino dei monti ti riporta a Levanto, se non hai più fiato. Saliamo dai, che tra un poco, se siamo umani terreni, non avremo più argomenti di cui parlare!
Saliamo, saliamo. Il fiato si fa grave e spregiudicatamente lascio parlare lui, non ho voglia di soffiare come una mucca arrabbiata durante la salita.

Ah! Che posto! Tutte le volte che incontro case come queste, immerse nel verde, accessibili solo a piedi e con un panorama così strepitoso, penso sempre che sarebbe una goduria viverci con tanti libri… ragionamento da singletudine cronica. Arriva anche la fine della salita e io sono stufa di camminare, mi sottrae la possibilità di guardarlo in faccia, di seguire le sue parole, di aspettare un contatto.

- Sai sono contenta che tra di noi ci sia la stessa confidenza che avevamo acquisito nelle mail, per telefono. Mi sorprende questa cosa, non avrei mai detto.
- Dici? Io trovo naturale tutto questo.
Spero proprio che non mi fraintenda, anch’io trovo naturale tutto questo, come trovo naturale dirgli che non sarebbe successo con tutti, “sei tu che riesci a farmi stare così”. Chissà se questo lo capisce anche senza le mie parole? No, non penso. Penso proprio di non piacergli. Penso proprio che creda d’aver fatto un grosso errore ad incontrarmi. Non ha interesse per me. Sono qui, accanto a lui da ore, il sole sta scendendo, e non mi ha mai sfiorato una mano, un ginocchio, non ha mai avvicinato le sue labbra alle mie e non lo farà. La conversazione è durata un sacco e non c’è alcun segno che possa essere sostituita da altro. È così? oppure, anche lui, come me, aspetta che qualcosa accada? Aspetta forse che sia io a fare la fatidica, adolescenziale, prima mossa?
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