lunedì 22 luglio 2013

Lucera, città d'arte: l'ottavo giorno delle nostre ferie in Puglia

Intaccata la seconda settimana di ferie, stanchi e rilassati, turisti ma oramai indigeni, arriva all'ottavo giorno quella strana sensazione che ti fa sentire in vacanza da un sacco di tempo eppure è passato così in fretta...
Ieri, dopo che la spiaggia si riempita come un quadro di Mordillo degli anni '80 ci siamo ritirati per il pranzo. Noi venivamo via mentre in molti arrivavano e apparecchiavano letteralmente tavolini in ogni centimetro della spiaggia. Dopo la pennichella siamo tornati ad esplorare il territorio, lasciando il promontorio del Gargano alle nostre spalle per procedere verso l'Appennino Dauno, ma non troppo lontano.


Lucera, città d'arte, diceva l'insegna appena siamo arrivati: anfiteatro romano, cattedrale gotica, castello federiciano tra i più grandi di Puglia. Gli ingredienti c'erano tutti, ma al primo colpo d'occhio la città di Lucera ci ha calato in un film di Pasolini.
Il bianco e nero era sostituito da un monocromo color terra che variava dai mattoni rossi sbiaditi alla terra sassosa. Un conflitto aperto tra città-periferia, accresciuta sulle sole regole del profitto e del basso costo dei materiali da costruzione, e la tradizione antica dell'agricoltura estensiva del Tavoliere.
La prima visita è all'anfiteatro, che come ricordava bene il mio consorte, non è quello a semicerchio aggrappato ad una collina, ma quello circolare e spesso scavato nel terreno. L'anfiteatro di Lucera è rimasto senza gradoni, ma l'area è ben definita e la vegetazione rigogliosa. Ottimo per una piacevole passeggiata. Poi abbiamo ripreso la macchina per entrare più vicino al centro storico, ed abbiamo trovato una città deserta, popolata esclusivamente da gentiluomini di una certa età, a frescheggiare in lussureggianti giardini. Abbiamo visitato la chiesa di San Francesco Antonio Fasani, mummificato all'interno della stessa. Bella la chiesa, un bell'involucro romanico e grandi capriate sorrette da alte pareti riempite con gusto barocco ad eccezione di qualche valido affresco rimasto di prima mano.
Un po' delusi della scelta della nostra gita di evasione dal solito tran tran marino, ci siamo incamminati ricercando il castello. Abbiamo seguito a naso quello che poteva essere il passeggio cittadino e qualche vaga presenza che animava le strade. Siamo arrivati ad un incrocio che ci prospettava davanti un passeggio più affollato in quella che poi si è rivelata la Villa Cittadina, come si chiamano in meridione i giardini pubblici. Ci siamo ritrovati sorpresi a passeggiare in una ampio e popolato spazio ben tenuto con alberi folti e ombrosi, e lentamente ci si prospettava davanti un punto panoramico che si miracolosamente aperto su un altura che dominava una pianura patchwork di campi coltivati, arati e dove il raccolto era stato appena tagliato. Di fianco, su un'ampia e alta lingua di terra, il Castello Federiciano che dominava i suoi feudi. A lasciarci ancora più senza parole, un parco giochi che sembrava il rimessaggio dei giochi smessi in altri parchi, altalene, scivoli, dondoli e anche un rudimentale tapirulan fatto da un cilindro con maniglie. Tutti non più a norma ovviamente, scivoli alti con scale a pioli da adulti per salire, ma che adempievano ancora a pieno alla loro funzione: far divertire i bambini, con un po' meno di tranquillità da parte dei genitori. Lieti di esserci rifatti un'opinione diversa dalla prima di Lucera, ci siamo messi a seguire il flusso di persone che passate le 19 aumentava vistosamente rispetto al nostro arrivo. Ci siamo addentrati così in belle viuzze del centro storico, affollate da passeggiatori sorridenti e tra di loro, loquaci, per poi giungere nella bella piazza Duomo – dove da una targa abbiamo appreso che Troisi girò qui il suo Le vie del signore sono finite – dominata dalla facciata della bella Cattedrale gotica, dove la funzione era gremita di persone e ci ha impedito di visitare concretamente la chiesa che però abbiamo ammirato da fuori nel suo portale importante in stile gotico pugliese.
Lucera ci è piaciuta, una volta scoperta dall'interno.
Ritornando alle nostre terre, abbiamo trovato sul nostro percorso, poco prima di Manfredonia, l'Abbazia di San Leonardo: un mix di ruderi e egregie ristrutturazioni, dove convivono sapientemente una piccola chiesa in stile romanico pugliese dal bellissimo portale – anche questa gremita di fedeli per la funzione – un splendido edificio nato come ospedale per il ricovero dei pellegrini e dei Cavalieri Teutonici di ritorno dalla Terra Santa, oltre che le rovine di un'ampia masseria che regolava i cicli delle coltivazioni delle terre lì attorno.
Un bel vedere da queste parti, dovunque ti giri.

1 commento:

Baol ha detto...

Molto molto felice che la Puglia vi sia piaciuta così tanto!

:)

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