
In Langa. Prima parte.
Dopo aver visitato Parigi, visto Torino, tra i miei desiderata rimangono le Langhe. Oggi le vedrò, e con loro Nathan dopo una lunga settimana che ci ha tenuti separati.
Parto da Carmignano, ridente borgo vinicolo di una Toscana del tempo che fu, insieme ad una coppia di amici toscani, per andare ad uno speudo-raduno-post-vacanze. Andiamo a trovare Fulvia e la sua famiglia, nella provincia Granda. Recupereremo Nathi a La Morra, pranzando insieme in località secondo suggerimento del suo fratellone!
Io sono stata stranamente puntuale, per andare a lavoro mi alzo all’ultimo tuffo, ma si vede che l’entusiasmo gioca un ruolo decisivo nel tirarmi giù dal letto. Sono arriva a casa dell’Omonima e del Muto - lo stesso della lettera di questo post - con largo anticipo, ad un’ora impropria per le mie abitudini. Attendo un po’ e poi mi faccio avanti sulla loro porta. Partiamo quasi puntuali rispetto alla tabella di marcia.
La strada scorre placida: Viareggio - il nuovo svincolo di raccordo tra le due autostrade, un miracolo dopo anni di man at work - La Spezia, i suoi container, le nostre gite al mare e il racconto denuncia di Merisi - Levanto, Lavagna, Genova, Savona - dobbiamo andare per Savona, Francese non ti distrarre! - il valico Appennino - non incontriamo nessuno, sembra di entrare a Frittole, un fiorino!
Discendiamo ed arriva lei, o meglio ci immergiamo in lei, la nebbia, soffice e avvolgente, ci conduce per mano dolcemente, a destinazione. Denigrata dai miei compagni di viaggio, questa condensa acquosa mi è sembrata assai più dolce e rarefatta, zuccherata, rispetto all’inquinata coltre della mia Piana.
Usciti dalla monotona traiettoria dell’autostrada, s’apre davanti a noi un paesaggio addomesticato: colline, coloniche, annessi agricoli. Una dimensione rurale operante e operosa, vitale. Meno infiocchetta della dimensione toscana. I filari delle viti arrivano dopo qualche tornante, sfatando l’insinuante dubbio che il vino piemontese sia fatto con uva proveniente dalla Romania. Passatemelo, sembra che il made in Italy sia diventato una rarità ai giorni d’oggi e che la vocazione maggiore degli imprenditori italiani sia il metterlo in saccoccia!
Ma nelle Langhe i filari di vite ci sono, e come! …anche se… ehm… devo dire… sono messi per il verso sbagliato!! Possibile che non se ne sia accorto nessuno?
Una ordito di curve parallele risale la collina, creando tante vie di raccolta parallele al senso della strada. Io e l’AmicoMuto notiamo subito questa diversità rispetto alla nostra Tuscia terra. In Toscana i filari delle viti si arrampicano per il verso del pendio, la via della macchina, non più quella del mulo.
Saliamo a La Morra, un pugno di case dai colori allegramente nebbiosi, e poi ridiscendiamo, come ci indicato per telefono il mio copilota lontano.
Nathan è su che ci aspetta davanti all’entrata di servizio leggendo il giornale. Dopo un bacio fugace, la prima cosa che fa è brontolarmi per aver sbagliato entrata… è l’amore a distanza, questo.
L’Osteria Veglio è una casa d’angolo, di un tenue colore giallo, con ricorsi in mattoni grandi e grigi. Un eco d’inizio Novecento nell’insegna dipinta in facciata, con caratteri appena littori. L’arredo è distrattamente elegante, il servizio preciso e rigorosamente professionale, tanto da accettare le mie battute e spunti di conversazione solo dopo aver portato a termine la loro missione, nutrirci con prodotti tipici langaroli.
Agnolotti ripieni in bianco serviti nel tovagliolo per me, orecchiette con ricotta e zucca per Nathi, assaggio di formaggi di un produttore di zona - riportato con tanto di nome e cognome sulla Carta - e agnello per l’AmoreMioMangione. Assaggiamo il Nebbiolo, primo vitigno della regione, la cui genesi del nome ad ora mi è molto più chiara.
Ben nutriti ma non abbuffati in previsione della cena della sera, ci dirigiamo verso Barolo, piccolo paese dal nome epico anche per un modesto bevitore. È un piccolo borgo che, come la campagna che abbiamo attraversato e il vino che vi produce, si rivela schietto e diretto, senza filtri o aromi, nella sua vocazione agricola di altissimo pregio. Manco a farlo a posta troviamo subito l’Enoteca Regionale, quella tanto rammentata da Nathan per il pregio e il valore della degustazione: “con cinque euro ti fanno assaggiare ben 3 baroli, tre capito!!”. …quando si dice dare il giusto valore alle cose, no?
Con la bocca dolce ci avviamo verso l’Enoteca Regionale. Dentro, solo dentro, sommersi dalle tante bottiglie, ci accorgiamo di aver sforato l’orario delle degustazioni, lo scostante accento piemontese delle sciure dietro il bancone ci scaccia desolati. Torneremo domani, Tre-Barolo-a-cinque-euro non ci sfuggi!!
3 commenti:
gnam gnam
bono bono, tutto bono in Langa!
Oh Francese, sono al lavoro, con un tè davanti in un momento di pausa e mi sono letta il LangaTour prima parte...relax! Alla prossima puntata!
sonia
che bello e chissà che buone cose magerete..!!!buon weekend..!!!
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