Allora, ti dico, per Volterra prendiamo la Pistoiese verso Firenze, facciamo il ponte all’indiano e imbocchiamo l’autostrada per Siena. No? Che ridi scusa? Non è così? Te lo dico senza guardare cartine, improvvisando percorsi di forestiero. Ma tu ridi del mio ingenuo tentativo di navigatore dei tuoi luoghi. “Per te ogni ponte è il ponte all’indiano”. E allora ti racconto di quella volta che volevo prendere per Empoli e mi sono perso nel centro di Scandicci. E tu fai un giro largo e strano per confondermi le idee e mi dai la netta sensazione che avevo ragione, ma non me lo dici, dispettosa, se c’avevo visto giusto oppure no.
A Volterra non ci sono mai stato, o almeno mi pare proprio di non esserci stato. Senonché questi palazzi di tufo, questi scorci di tufo, queste facce di tufo (anche qui), questa strada che curva sul panorama di colline e soprattutto il parco della fortezza che è ancora oggi un carcere mi smuovono ricordi profondi, una sensazione di déjà vu che riemerge dall’inconscio. E forse ci sono già passato, ma davvero non me lo ricordo. Sicuramente, se è accaduto, è stato in una vita precedente. O sarà semplicemente che questo medioevo tra Umbria e bassa Toscana ripete in continuazione se stesso (mi rendo conto che sto facendo un’affermazione passibile di censura da parte tua).
Ancora picnic, col cestino di ieri, ancora polpette uova sode pecorino e muffin a celebrare questo nostro amore che si scopre all’improvviso a corto di liquidi (e non per il vino che non abbiamo bevuto perché ho dimenticato i bicchieri) e quindi il più possibile autosufficiente (come il Governo) e quasi quasi autarchico (come quell’altra Italia di tanti tanti anni fa, con cui speriamo di non condividere il destino...). Sì insomma, ancora picnic amoroso con la tua voce che s’incastra su quella di Celati, i bambini che giocano a palla, gli uccellini che fanno pi pi e fli fli dai rami, ancora io e te.
E poi Colle Val d’Elsa, il lungo paese a dorso di tufo, che a me in certi momenti, come in via del muro lungo o in quell’altro vicolo parallelo appena sopra, ha ricordato Assisi, ecco l’ho detto, ma allora ho taciuto perché mi avresti preso per grullo, tacciato di gallico grullarello, io lo so, anche se adesso dirai di no. Ti ho solo guardata prendere foto e ho riso con te che facevi il verso alle signore avanti di età che si spingevano a vicenda dentro la chiesa ad accendere lumini.
Birbona che sei!
E a casa finalmente, a inondare di fumi cucina e soggiorno con quella bistecca di tre centimetri che cuoci sul fuoco per offrire, fiera, il pasto sanguigno della tua terra a questo mite settentrionale sceso dalle vette più alte bramoso della tua carne. Amore dei miei fornelli, al diavolo il tufo, al diavolo Volterra e tutte le tombe etrusche che non abbiamo visto, fammi agguantare la tua carne, consumiamo il nostro pasto, non possiamo più aspettare.
Ancora picnic, col cestino di ieri, ancora polpette uova sode pecorino e muffin a celebrare questo nostro amore che si scopre all’improvviso a corto di liquidi (e non per il vino che non abbiamo bevuto perché ho dimenticato i bicchieri) e quindi il più possibile autosufficiente (come il Governo) e quasi quasi autarchico (come quell’altra Italia di tanti tanti anni fa, con cui speriamo di non condividere il destino...). Sì insomma, ancora picnic amoroso con la tua voce che s’incastra su quella di Celati, i bambini che giocano a palla, gli uccellini che fanno pi pi e fli fli dai rami, ancora io e te.
E poi Colle Val d’Elsa, il lungo paese a dorso di tufo, che a me in certi momenti, come in via del muro lungo o in quell’altro vicolo parallelo appena sopra, ha ricordato Assisi, ecco l’ho detto, ma allora ho taciuto perché mi avresti preso per grullo, tacciato di gallico grullarello, io lo so, anche se adesso dirai di no. Ti ho solo guardata prendere foto e ho riso con te che facevi il verso alle signore avanti di età che si spingevano a vicenda dentro la chiesa ad accendere lumini.
Birbona che sei!
E a casa finalmente, a inondare di fumi cucina e soggiorno con quella bistecca di tre centimetri che cuoci sul fuoco per offrire, fiera, il pasto sanguigno della tua terra a questo mite settentrionale sceso dalle vette più alte bramoso della tua carne. Amore dei miei fornelli, al diavolo il tufo, al diavolo Volterra e tutte le tombe etrusche che non abbiamo visto, fammi agguantare la tua carne, consumiamo il nostro pasto, non possiamo più aspettare.
6 commenti:
...chesiccome ieri ti ho lodato troppo, oggi ti bacchetto! amorosamente... la bistecca l'abbiamo mangiata venerdì e sabato abbiamo saltato la cena!! ;-) ricordi?
oh già
c'avevo sto dubbio infatti
saranno stati i fumi della bistecca che mi hanno confuso...
bacio amor mio.
l'ho tenuto segreto fin'ora... mi vuoi bene lo stesso?
fumo tanto e ancora odore se lo vuoi sapere... ma tanto il prossimo fine mi porti fuori, vero?
ovvio
ti porto qui
http://www.kandinskyeastrattismo.it/
abbiamo prenotato?
no! abbiamo prenotato solo treno e albergo, la mostra non dovrebbe essere un problema, guardiamo di andarci presto, magari di sabato pomeriggio, così rimaniamo fuori dalle librerie che io sono in bolletta! ...e il ristorante l'abbiamo prenotato? http://www.todine.net/garibaldi/index.html
sì capo!
prenotato alle otto e mezza
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