martedì 20 marzo 2007

At home. Terre francesi

Questo finesettimana (e questo post) inizia giovedì. Domani mi porti sopra un prato di margherite? Ho voglia di cieli aperti, di luce e di colori, di sole sulla pelle. E di te. Un giorno di ferie, venerdì, weekend allungato per noi.
Alle sei e mezza scappo dall’ufficio, mi butto in macchina e parto. Bella l’autostrada se si anticipa il weekend, la macchina va, senza imbottigliamenti, 130 fissi, per 450 km, dal mio ufficio al citofono della Francese. Solo una tappa all’autogrill per esigenze di vescica, per comprare le caramelle, per raddrizzare la schiena, per ricordare agli arti inferiori l’antica arte della deambulazione.
Driiiin. Eccomi.
Ascensore, la porta che scorre, la Francese in pigiama e sorriso delle grandi occasioni.
E’ tardi, molto tardi. Per uscire, per cenare, per raccontare. Non c’è tempo per nient’altro che il letto.

Venerdì inizia tardi, anzi prestissimo. Dipende se lo si vuol far cominciare quando gli occhi si aprono oppure dal momento in cui decidiamo di assumere la postura verticale.
Insomma, facciamo colazione verso le undici. I muffin! (c’è altro da dire su queste leccornie?) e poi lo yogurt, il miele, la marmellata della nostalgia (butta la bilancia che in bagno minaccia il nostro buonumore).
Si parte. Cestino (non di vimini) targato ‘potere politico-economico da costa a costa’ (chiaro no?), completo di:
a) polpette di verdure e pecorino in impanatura di passione;
b) 3 uova sode con tuorlo grosso come un cuore;
c) Pecorino morbido come i tuoi fianchi, dolce come le tue parole;
d) Pane amore e…;
e) Chianti (non impagliato) e due bicchieri a stelo (come potrebbero mancare?).

Destinazione Mugello, questo fratello del Chianti venuto male, meno patinato e più popolare, attraverso Calenzano (Crodi di) e il laghetto (pozza?) di Galliano, attorno al quale facciamo tappa. Una strada sterrata, un poggio che domina il paesaggio. Picnic, margherite, sole, cielo, dolci colline a perdita d’occhio. E Celati, il Lunario del Paradiso, quella specie d’imprinting dei miei gusti giovanili, un passo avanti in questo gioco amoroso di lingua che abbiamo intavolato nel nostro viaggio sentimentale e letterario. La scoperta affascinante del matrimonio felice tra la tua cadenza e i frizzi e lazzi del lavoro linguistico del Celati, che io non posso che raffreddare e impoverire con la mia pronuncia algida di covo sepolto nel risvolto dello Stivale.
Svuotiamo il cesto e ci rimettiamo in macchina. Scarperia (avevo capito che mi portavi in uno scarpificio!?). Un pugno di case, il palazzo del comune, e una piccola biblioteca straripante di letteratura, come quelle in cui ho lavorato. Le boutique dei coltelli, a Scarperia, e gli anziani con queste facce di tufo che troveremo domani più a sud. Facce di sole e fatica atavica. “Fanno i coltelli e li vendono ai sardi”, mi dici. Ma che storia è questa!? Toscani come cinesi che imitano ed esportano cultura materiale… dillo ai pratesi.
E Borgo San Lorenzo, “più grande”, dici “e popolosa”, anche l’ospedale a Borgo San Lorenzo, e diverse librerie dove trovi, e ti decidi a comprarla, la guida di Parigi e l’Ile de France da cui non alzerai più il naso. Quella del Touring, con tutte quelle precise descrizioni sull’architettura dei palazzi, la storia urbanistica, che ti fanno sembrare il viaggio una missione professionale più che una vacanza, un nido di emozioni, una giungla dove perdersi e assaporare l’incanto dello smarrimento. Ma a te piace quella, compilata dalle più selezionate equipe di architetti contemporanei, si direbbe dal prezzo.
E poi a casa. Metti quel film comprato un po’ per me e un po’ per celebrare quel genio dai modi semplici che si chiama Morricone, quel Mission (con un De Niro più brutto che mai), canto del cigno della Teologia della Liberazione, definitivamente uccisa dall’ultima fumata bianca in San Pietro. (metto troppa carne al fuoco? Tacciatemi di ozpetechismo, se volete. O Francese, lo scriviamo o no quel che ci è parso sto Saturno contro?). Insomma, grandi musiche in quella pellicola (e io che a 14 anni mi son pure comprato la colonna sonora, in vinile, come andava allora), che la Francese ricorda nello spot della Valle degli Orti, amore mio…
Comunque, m’addormento proprio sulla battaglia finale, tra grandi botti di archibugi e cannonate portoghesi che fanno di quegli indios semi-cristianizzati solo un mucchio di carne trita (e davvero ti viene da riflettere su come la Storia prostri i popoli, a pensare a quelle facce di miti portoghesi incontrate su e giù per il paese lusitano…). Ma insomma, son le tue carezze sul mio viso che mi fanno dormire, non quel bel film per cui ho tentato di tenere gli occhi e le orecchie ben aperti.
“Andiamo a letto”, mi dici accarezzandomi il collo, “che far l’amore è faticoso, per chi dorme davanti al compimento di un massacro”
Mhm, sì, buonanotte.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

...ma ditemi se non è un genio quest'uomo qua!
...come potevo non innamorarmi di lui e delle sue parole, dei suoi modi dolci e del concatenardi dei suoi pensieri, del suo accento algido da "risfolto dello Stivale" e delle sue mani calde e vibranti?

MA QUANDO ARRIVA SABATOOOOOOOOOO?!!

Anonimo ha detto...

:-) sei entrata così dentro la lingua di Celati che parli come il tedesco ostrogoto papà di Antje innamorato dell'Olanda e delle lampadine... "Ciofanni!"

ihih
ti bacio

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