giovedì 1 febbraio 2007

Milano è Milano (Primo giorno).

Milano è Milano, si sa. E’ la grande metropoli europea che tutti sanno. E ci fanno la mostra di Tamara de Lempicka, l’eccentrica polacca cosmolita che ha attraversato buona parte del Novecento con i suoi dipinti di forme neoclassiciste. La Francese ne parla da diverso tempo, con tutti i mezzi che ha a disposizione. La Francese è un mulino di curiosità e slancio, quando mette in azione le sue pale, l’ingranaggio è avviato e nessuna forza umana sarà in grado di frenarlo.
Salgo su questa corriera ad un’ora ingiuriosa per un sabato mattina, troverò lei alla fine del viaggio, la Francese col suo valigino, il cappotto da salita al nord, il suo sguardo senza occhiali, i suoi baci nei prossimi due giorni. E questo è sufficiente a farmi sopportare la levataccia, la mostra glamour e le strade di Milano che non è mai stata città dei miei desideri.
Il viaggio in autostrada si snocciola con il giovane Kureishi del Budda delle periferie, per me il miglior Kureishi, quello del Black album, così diverso dalle sbrodolate verbosità dell’età matura. I chilometri sono scanditi dai suoi sms, la sua richiesta di margherite (dalle sue parti si usa chiedere i regali spontanei?), le stazioni che il suo Eurostar brucia di velocità, i suggerimenti per altre gite.
E arrivo, infine. Porta Garibaldi, l’autostazione. Solo un quarto d’ora al suo arrivo in Stazione Centrale, troppo poco per cercare un fioraio, infilarmi nella metro e farmi trovare con le labbra calde al binario. Direttamente nella Metro, due stazioni, arrivo. Sbuco sulla piazza di fronte al grande atrio, sbircio intorno in cerca di un chioschetto colorato. Ma nulla, tutto il mondo a bivaccare, commerci di varia natura, ma fiori no, niente margherite per la Francese. Entro in quel popò di stazione monumentale, così adatta a questa città presuntuosa. Salgo gli scalini, mi affaccio ai binari. Tabellone, che dice il tabellone? Che binario, dunque, dunque…. il telefono, è lei, già arrivata, uff, binario nove. Vado.
In testa al binario guardo tutti, non c’è, ecco forse…non è lei, son già tutti scesi, quasi più nessuno sul binario. Ha detto proprio nove? Ci saranno diversi binari nove? Con questa grandeur milanese tutto è possibile. Mi chiama, e dov’è?, mi volto, ah, già lontana dal binario, la mia Francese. Cappotto spigato grigio, stivaloni da offesa, valigino da sciura, basco sulle ventitré, la Francese è arrivata.
Ci baciamo, ci stringiamo nell’andirivieni generale. Si va in albergo, a prendere possesso della nostra camera. “Amore, ho lasciato a casa il foglio di prenotazione, e la guida di Milano”, come?, “per la fretta di ritrovare le tue braccia, ho dimenticato tutto”. Sorrido, la bacio ancora, che non dica poi che l’ho accolta con poco calore, il mio sbadato amore. “Andiamo a cercare il punto informazioni, ci daranno una piantina e l’indirizzo dell’hotel che hai prenotato, bella mia”
Arriviamo in camera, deliziosa e comoda, sa scegliere, La Francese. Quel che succede nelle successive tre ore potrebbe far impennare gli accesi al blog, ma per ora è meglio lasciare spazio all’immaginazione.
Usciamo, appunto, alle tre del pomeriggio, direzione centro, in marcia amorosa verso qualunque cosa da mettere sotto i denti, abbracciati, per mano, avvinghiati come due polpi in mare. Corso Vittor Pisani non è esattamente la passeggiata più appassionante in una città che si conosce pochissimo. KPMG, Banca Intesa, banca di qua, banca di là, è il trionfo del terziario avanzato, che il sabato, sì sa, se ne sta in montagna a sciare o a cazzare gomene in barca a vela. Quindi non si mangia, il sabato, in corso Vittor Pisani. Io e la Francese manchiamo davvero di preparazione, in fondo c’interessa solo esserci, ovunque sia, Milano è solo il contenitore del nostro appassionato amore. Ma lo troviamo, poi, verso le quattro, un bar aperto, un trendy bar aperto, dotato di barista cocainomane che si muove e scatti, con la naturale gentilezza spicciola dell’amante di vetrini. “Ragazzi, siamo in chiusura, tra dieci minuti chiudiamo”. Alle quattro di un sabato pomeriggio: provinciali, che siamo, io e la Francese! Ma due panini ce li fa, beata cocaina.
E si riparte. Piazza Repubblica, i grandi alberghi in stile newyorkese, Turati, Cavour, la storia d’Italia nelle strade, e la Francese che decide di snobbare Manzoni per dare l’affondo a via della Spiga, un caverna di vanità per portafogli gonfi. Borse pellicce gioielli e prêt-à-porter, buffe persone che escono dalle boutiques, eccentricità camuffata da presunta eleganza. Via della Spiga, divertente passarci, una volta nella vita. E il confronto con Torino, la Torino della mia spensieratezza, mi sale naturale. Città provinciale o esempio di austera eleganza che potrebbe impartire lezioni di bon ton a questa Milano esibizionista? La moda sta a Milano come l’auto a Torino, la raffinatezza smodata contrapposta alla razionalità utilitaristica. Non può essere solo questo, la città che percorriamo in questa giornata, non solo apparenza ed edonismo. E’ culla di grandi giornali, di laboratori politici, di intellettuali di grana fina, capitale di sottigliezze e avanguardie. Ma non mi tolgo dalla testa Torino, sorella dalle scarpe grosse e i modi garbati, città schierata che non ha mai sentito la necessità di mascherare la propria essenza.
Pensieri confusi davanti alle vetrine, che non dico alla Francese, che si divertirebbe un monte ad ascoltare i miei sproloqui sul carattere delle città. Perché ci divertiamo lo stesso, incrociando cani ingioiellati, cappelli vistosi su donne insignificanti, cappotti corti sopra uomini troppo grossi. Cosa cerca la donna quest’inverno per mostrare la sua anima? E l’uomo che si vuole bene, con quali colori vorrà esprimere il suo ottimismo? Nessuno stilista qui intorno che sappia rispondere a queste domande fondamentali?
Scivoliamo in piazza San Babila con i suoi fascistelli e fascistoni, corso Vittorio Emanuele e il preludio alle … immense librerie. “Oddio, Nath, che ci facciamo ancora in strada?”
Passiamo il pomeriggio con il naso dentro ai libri, dispersi tra corridoi e scaffali, riviste introvabili nella nostra provincia, almeno in quella profonda da cui vengo io. Alla Mondadori non si caccia una lira, d’accordo, ma alla Feltrinelli di piazza Duomo sì, in quell’interrato labirinto d’infinite delizie. Tutto Kureishi, tutto Roth, poi Celati e la Kristof, Kourouma e Christa Wolf. “Francese, portami via, andiamo a nutrirci d’altro, se mai potremo, dopo questa indigestione”.
Davanti alla facciata infagottata del Duomo apriamo la piantina presa al punto informazioni della stazione. Navigli? Aperitivo con libagioni che vale per una cena? Per dove si va? Oppure rapida ricerca in zona e rientro in albergo per lunga intima serata?
Imbocchiamo via dell’Arcivescovado e lasciamo che il caso prenda una decisione per noi. E’ una lunga sequenza di cinesi, giapponesi e pizzerie. E poi strade anonime e piazze poco interessanti dal punto di vista gastronomico. Un primo ristorante, tavoli apparecchiati, nessuno a mangiare, un altro, troppo chic, e poi, eccola, l'Antica Osteria del laghetto, bussola in stile rivierasco anni settanta, lampade arancioni al soffitto. Scelto. La Francese è per la grigliata di pesce, io tagliolini con muggine, vino bianco della casa. Avventori abituali entrano a frotte, a parte bambini e passeggini, difficilmente sotto i sessanta. Ci siamo, Francese, approdati in una Milano abitudinaria e morigerata. Il titolare dagli occhi porcini sorride troppo quando mi porge il conto, e ha ragione da vendere, vista la somma, leggermente poco proporzionata alla quantità e qualità di ciò che abbiamo consumato. Nemmeno fiscale, la ricevuta scarabocchiata sul foglio. Ma c’è solo la camera dell’albergo, ora, nei nostri pensieri, i baci che dobbiamo recuperare dopo una lunga settimana di distacco, gli abbracci da cui non ci scioglieremmo mai, sopra il nostro letto, almeno per questa notte.
Tamara de Lempicka può aspettare domani.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Amore! ma è bellissimo!
bhe, mi descrivi un po' agitata e forse lo sono... cmq la prenotazione la dovevi stampare tu! :-p io ho lasciato a casa solo:
1) la guida
2) il tuo lettore mp3
3) i libri contabili
...

non vedo l'ora di leggere il seguito, mi manchi, un bacio!

Anonimo ha detto...

fortuna che la carta di credito era con te :-) ti bacio e faccio il conto delle ore che ci separano dal contatto at home.

Anonimo ha detto...

che romantico che sei... pensi subito agli Sghej! anch'io non vedo l'ora amore mio, è già tutto pronto, si fa per dire... il frigo è pieno, il congelatore pure, le lenzuola pronte e azz.. gli accapatoi bagnati! ops! questa smania di nuotare...

Anonimo ha detto...

bello davvero sto post...e sarà che ho abitato Milano con paura, angoscia e spesso odio e ho abitato anche Torino con l'amore negli occhi e la voglia di berla con tutti i sensi, ma non posso che concordare con Nathan...

ribadisco che questo blog è una bellissima invenzione amorosa!!!

e mi fate rivalutare gli incontri in chat...che finora - per ignoranza, probabilmente - mi pensavo che fossero solo l'anticamera per sane scopate...
si può scrivere scopate sul vostro blog???

complimenti ad entrambi...
perché non scrivete un libercolo insieme?

Panz

Anonimo ha detto...

Grazie Panz! sempre così gentile!
...sul libercolo?! mah... io Antonia, tu Rocco... non saprei... (mi spaventa da morire!! pipipi) ma magari posso fare delle figure :-)

Aspettati Torino, abreve!
Nath ha già scritto della robina interessante sul nostro passato week end.

A presto! saluti a Frollina :-)

Anonimo ha detto...

cara Panzallaria,
gli incoraggiamenti e il meditato entusiasmo dei tuoi commenti è il migliore nutrimento del nostro blog.
Su questa 'imprescindibile' Milano la mia è solo un'impressione, non avendoci mai trascorso lunghi periodi. A Torino invece ho vissuto e il mio legame verso questa città, a distanza di anni, è sempre molto forte.
Per il libro ('Le città dell'amore'? - 'L'Italia per innamorati'?), beh, magari, attraverso questo blog, qualche proposta... chissà :-)

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