venerdì 27 aprile 2007

Peppone e Don Camillo all'altare. Ovvero 'lo chiamerete Democratico e domani Rutelli aggiungerà l'aggettivo Cristiano'

Allora, si diceva:
sabato Matrimonio in Valdarno, gran festa toscana (vino e convivialità caciarona compresi), musica, balli e brindisi; lasciarsi alle spalle la fattoria tra le colline quando il tasso alcolico nell’aria supera il livello di guardia e correre a sud, diretti nel giardino d’Italia. Nella casa di famiglia del ramo materno della Francese. Relax e pace, in quella versione di Toscana sonnolenta e arcaica che per me è l’Umbria. E da lì puntatina a Roma, prevedeva il programma, sulla tracce del genio caravaggesco e un omaggio (non trascurabile in questi giorni di transizione democratica) al sacello del sommo comunista Antonio Gramsci.
La Francese mi aveva presentato la scaletta (con tanto di presentazione animata in powerpoint) del nostro weekend allungato fino al 25 aprile.
Ma la realtà, purtroppo, si è presentata al nostro cospetto in tutt’altra forma.

Sabato mattina arriviamo alla chiesetta di San Piero in Perticaia (località Bombone) in sensibile ritardo sull’orario previsto. La vestizione della Francese (che dirà essersi coperta con due robine assolutamente non impegnative) ha richiesto il tempo necessario (un logorio di prove e ripensamenti che ha messo a dura prova il consolidamento del nostro rapporto) a una donna del gusto genuinamente raffinato ma casual al contempo.
Gli invitati già affluiti sul sagrato (per fortuna la sposa ancora no) avevano occupato tutti i parcheggi lungo la strada sterrata che sale alla chiesa. La Francese al volante decide di non imboccarla proseguendo fino al primo slargo che s’apre sull’erba oltre la prima curva. Lasciamo l’auto con le valigie nel bagagliaio e il mio portafoglio nel vano portaoggetti del cruscotto (non ci stava, eh, non stava nella borsetta a mezzaluna da matrimonio della Francese, oltre al suo portamonete e alla pinzetta per le sopracciglia, non ci stava più niente).
Saluta questo, saluta codesta, la cerimonia l’abbiamo (non) seguita all’ombra dei lecci di fronte alla facciata della chiesa piena come un ovo.
W gli sposi.
Dopo che la fiumana d’invitati è stata risputata dal buco nero, ecco il marito e la moglie che si affacciano lasciandosi investire dalle sventagliate di riso (e di rito) e da un’ondata di note dai fiati della banda musicale in cui anche lo sposo (non in questa occasione) profonde solitamente le sue abilità di musicista per passione.
Baci abbracci, saluti e congratulazioni, con la musica della banda che trascina la mia immaginazione in un film di Don Camillo. Si va, alla spicciolata, si va democraticamente a banchettare, in questa giornata in cui due Congressi hanno deciso che Peppone sposerà il prete.
La Francese mi consegna le chiavi della macchina, ché su quei tacchi non ce la fa a risalire a piedi. L’auto è al suo posto, sola nella campagna. Fa il suo click della centralizzata quando schiaccio il pulsante sulla chiave. Mi accosto alla portiera rischiando di strapparmi il fondo dei pantaloni sui rovi e sollevo la maniglia. E la porta non si apre. Premo ancora il pulsantino e il pispolo (vocabolario francesiano) si alza. Ecco, l’abbiamo lasciata aperta. Entro e apro il vano portaoggetti, il portafoglio è al suo posto, in mezzo alla campagna chi vuoi che si metta a fruzzicare dentro a una macchina aperta.
Mi rimetto sulla carreggiata in retromarcia e scendo a raccogliere la Francese e l’amica brasiliana capitata a noi nella divisione delle auto per lo spostamento verso la fattoria. Al ristorante lascio la macchina tra le altre facendo uscire la Francese e l’amica brasiliana. Stavolta le chiavi sono in mano a me. Osservo bene che il pispolo si abbassi come si deve e insieme ci avviamo al Gran Buffet.
Il banchetto è un banchetto. Gli sposi sono sempre sposi.
La marcia in più di questo matrimonio sta nel servizio a buffet. Non ci incatenano alle sedie costretti a ingurgitare portate dopo portate fatte scivolare nel piatto da camerieri sudati. Non ci obbligano a battere le mani ogni mezzo minuto con la nenia del bacio bacio bacio. Non corriamo nessun rischio di trombosi e non sentiamo la necessità di consolarci con l’unico mezzo reperibile ai matrimoni: stordirsi di vino.
Il buffet è il sistema innovativo che ci permette di scegliere la compagnia che preferiamo, che ci lascia deambulare liberi nelle sale, che ci fa decidere quanto e cosa bere. Sì. Ci permette di mangiare la pasta al ragù di cinghiale o la pappa al pomodoro, la pecora in umido o l’arista con i piselli. O ancora, com’è il caso mio e della Francese, di mangiare tutto questo nella misura che ci va.
Il resto sono chiacchiere e curiosità, sulla mia dizione forestiera (meno di quanto mi aspettassi), sul qui e ora di quella cittadina della piana in cui quasi tutti sono cresciuti. Sono anche inviti, rivolti soprattutto alla Francese, ma anche a me, a prestare il nostro servizio alla prossima festa dell’Unità, nel di lei paese, la prossima estate. Sono parole e ragionamenti sulla Grande Transizione che è in atto, sulle giustificazioni della sua ineluttabilità, sul grande passo che si sta compiendo in nome della governabilità, della stabilità, del futuro.
E il vino aiuta certi discorsi, mette a nudo quel vizio remoto di togliattiana memoria (il Centralismo Democratico, sport regionale dei ds toscani, eh, stavolta non mi son morso la lingua, quell’ingeneroso appiattimento delle coscienze e delle intelligenze individuali sulle scelte dei leader). E il vino sembra aver avviluppato tutti tranne me e la Francese, ché dobbiamo partire, tagliare la corda, appena tagliata la torta, s’ha da partire per l’Umbria, prima che il vino faccia emergere in ognuno di loro quel peggio di sé che giudico ancora prematuro portare alla luce.
Mangiamo la torta, mentre, con una manovra con salto mortale carpiato, il segretario di sezione di non so dove introduce il discorso dell’uomo con i baffi, l’elogio dell’uomo con i baffi, l’amore sperticato per l’uomo con i baffi, le raffinate qualità dell’uomo con i baffi. Anch’io, mi domanda diretto il segretario, sono con l’uomo con i baffi?
Rimango con il cucchiaino davanti alla bocca, mezzo dentro e mezzo fuori. Chi diceva che il bon ton prescrive di non parlare di politica in un contesto conviviale con chi non si conosce?
Ma ha iniziato lui, accidenti, ha introdotto lui il discorso.
L’uomo con i baffi chi, scusa? Il fine stratega che nella sua misera stagione di premier ha appoggiato una guerra illegale e ha consegnato a fine mandato il paese nelle mani della destra? L’uomo con i baffi chi? Quel che si spaccia per ministro degli esteri di raffinate qualità che non ha avuto la dignità di dimettersi quando la sua mozione sulla politica estera è stata bocciata da un voto parlamentare, causando così il crollo di tutto il governo in modo da scaricare le colpe sulla sinistra (quella non solo di nome) per accelerare il compimento di un disegno neocentrista?
Ma il segretario ha continuato a parlare, a sbrodolare insensatezze mettendo a nudo la sua verbosa incapacità di saper ascoltare e svelandosi come il tipico esemplare di quella brillante classe dirigente che (non solo in Toscana) sta buttando a mare energie, cultura, storia, forze da sempre progressiste per metterle in mano a un centrismo bigotto e conservatore. Grazie Compagno Segretario, per avermi illuminato.
Ma lui non mi sente, non è in grado di smettere di parlarsi addosso, lui che non ha nemmeno quarant’anni e che mi parla dal pulpito del politico di lungo corso.
E’ il vino, dice La Francese, non far caso a quel che dice, mi fa, non è nelle condizioni.
Sì, mia Francese, non era nelle condizioni, il Segretario, di esprimere concetti diversi da quelli che gli hanno detto di pensare.
E dopo le parole di quell’altra democratica, figlia d’arte, che di moderato ha solo una posticcia etichetta politica, mi hai portato via, in fretta e furia. Perché poi? Per difendermi da certa debordante toscanità, che la magia del vino ha reso ingovernabile? Cosa hai voluto dirmi sequestrandomi dalla festa? Hai voluto mettere al riparo la mia discrezione piemontese, i miei gesti misurati dalla ferocia di un baccanale del contado fiorentino?
Ti ho visto preoccupata, amor mio, li hai giudicati invadenti e aggressivi. Ma non lo sono stati, e te l’ho detto, non sono stati affatto invadenti, né curiosi, della mia presenza. Mi avesse chiesto qualcuno da dove vengo, cosa faccio, cosa penso, cosa voglio in questa terra, no. Troppo avvitati su se stessi, sulla prosopopea della propria terra, sulle proprie abitudini, sulle proprie visioni.
Grazie, amore mio. Ma lasciami approfondire questa sedicente superiorità toscana, lasciami guardare oltre la cartolina, lasciami apprezzare la silenziosa umiltà delle mie montagne.

Dicevo che la nostra destinazione era l’Umbria, nel mio immaginario una specie di Toscana meno spaccona, appunto. Era destino che non ci arrivassimo. All’Autogrill di Lucignano, dopo il caffé di rito, aprendo il bagagliaio, abbiamo scoperto che la tua borsa e la tua valigia si erano volatilizzate. Siamo tornati sui nostri passi. A cercare i resti della refurtiva lungo il ciglio della strada che porta alla chiesa, senza più nemmeno la speranza di ritrovare qualcosa. Nemmeno i carabinieri ci hanno aperto la porta, tutto chiuso in quella caserma di paese, fino all’indomani.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Amore mio, quante cose per il mio stato ancora un po' stordito dalle disavventure.
Non so risponderti ancora, non per quel che riguarda "loro", che è tuo, ma per quel che rigurda me e questo confronto. :-)
Ti bacio e domani è già sabato.

Francesca Palmas ha detto...

povera francese!!!!mi dispiace moltissimo!!!So che vuol dire quando ti rubano cose così ed è tremendo almeno per me lo è stato...
Un piccolo appunto Nath: le borsette da donna sono fatte per il gusto e le ROBE delle signore, non per esser gonfiate coi portafogli dei lor compagni!!!!
Eppure voi maschietti pare che ve lo scordiate sempre e vi scocciate pure se non ci stanno anche le vostre cose!!!!non va bene!!! :)buon nuovo weekend...Spero che vada tutto bene...

Baol ha detto...

Mi dispiace per il furto...però...che gran bel post e che bella descrizione di questo matrimonio tra centro e sinistra che sta mettendo a dura prova il mio essere di sinistra...
dovresti partecipare ad un buffet qui al sud e poi vedi come inizi a preferire di essere inchiodato ad una sedia per tutta la durata del pranzo.
Buona vita :)

Anonimo ha detto...

però, coniglia, scusa, se Iddio ha dotato le donne (e non gli uomini) di borsetta ci sarà un motivo. è così antiestetico vedere la forma del portafoglio sul gluteo maschile. non trovi? e dove la mettiamo la solidarietà di coppia?
eh

Anonimo ha detto...

baol,
siamo provati, sì, in tanti, molto provati da quell'ingorgo che si sta formando laggiù, al Centro.

un buffet meridionale? mhmmmm quando c'inviti? :-p

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