mercoledì 7 marzo 2007

La Spezia & C. Sabato, Riomaggiore e la città.

Dopo una mattinata passata a baloccarci tra il letto e la doccia (un duro colpo per le riserve idriche di Casté), consumiamo una pasta al ragù del contadino e riusciamo a lasciare il nido in direzione della più orientale delle Cinqueterre.

Il cielo coperto, il vento e il mare burrascoso, la discesa tra i colori delle case strette l’una all’altra, Riomaggiore è pittoresca quanto basta per essere amata da giapponesi e americani anche in bassissima stagione. Arriviamo in faccia alla riva, ad osservare la schiuma delle onde che s’infrangono sugli scogli, compriamo trofie e pesto da un ligure esperto venditore che ci sconsiglia il pesto meno caro per quello più pregiato (originale eh) e risaliamo con il fiato spezzato verso la macchina lontana, lontanissima, in cima a una salita infinita.


Struscio alla Spezia. Città portuale, non bella al primo apparire, ma dal centro pedonale ampio e affollatissimo il sabato pomeriggio. Gioventù tamarra ai miei occhi e donne dal trucco esasperato e lo stivale aggressivo, piazza surreale con grande fontana nel centro pedonalizzato e galleria dall’aspetto autostradale sullo sfondo, come uno spericolato accostamento tra passeggio e velocità.
Libreria, un punto Einaudi, e poi un’altra, una più grande, musica e libri. Entriamo a bivaccare tra gli scaffali. C’è una musica, un po’ alta, una suonata di Chopin a volume esagerato per una libreria. La musica classica, mi dico, concilia la lettura. Afferriamo un po’ di libri qua e là, leggiamo qua e là. Leggo e mi perdo, trovo un libro di Böll che non conoscevo, l’ultimo prima della sua morte nell’ottantacinque, ma mi perdo, il significato delle parole è confuso, la successione delle frasi si sgretola, c’è chiasso, CHIASSO in libreria, i librai si urlano battute da una parte e all’altra, parlano forte per capirsi sopra la musica, vociano tutti insieme, è un mercato, neanche alla fiera del libro di Torino, almeno lì la confusione si disperde nell’ampia area del Lingotto, ma qui le voci m’invadono e m’infastidiscono. Trovo un libro di Vitaliano Trevisan, appena pubblicato, uno bravo lui, da un nord-est introverso e cervellotico, dopo anni da quel sorprendente I quincimila passi. Ma sono scosso dal chiasso e vado verso la Francese nella sezione guide turistiche. Cerca informazioni sulla città e la zona. “Andiamo, non ci resisto in questa bolgia da mercato”, “Come sei snob”, mi fa divertita continuando a sfogliare la guida del Touring. Cerco di calmarmi sfogliando alcune riviste di letteratura, “se non la smettono vado a dirgli che è inconcepibile questa cagnara in libreria, che nemmeno nei megastore in franchising…. “Che hai trovato?”, mi fa la Francese imperturbabile. “Un libro di Böll che non conoscevo e il nuovo di Trevisan”, “e non li prendi?”, “non gli lascio una lira a questi zotici. Senti, usciamo di qui”. “Andiamo dai”, fa prendendomi per mano consapevole della vetta del mio malessere.
Cena, è ora di cena ormai.
Rifacciamo la strada dell’andata verso una trattoria di specialità a buon prezzo, il Grattafin. Locale accogliente, servizio rapido e pietanze dai nomi mai sentiti che solo la Francese, ne sono certo, può ricordare. E un dialogo che s’innesta, una discussione, un monologo, un aprirmi sotto le sue domande che svela squarci di me, su chi ero prima di lei, sull’interfaccia dei miei giorni passati, su chi sono e chi siamo, su dove stiamo andiamo, e su dove vogliamo andare, ora e prossimamente, Nathan e la Francese.

Sigaretta, passeggiata, niente cinema. Torniamo alla macchina, al bosco della strega di Blair, alla casa in pietra di Casté, al bilocale dal soffitto di travi, al letto.

“Nathan”, mi sveglia, la Francese, con un soffio di voce, “non riesco a prendere sonno”, mi dice piano, “ho provato a leggere, ho provato con lo yoga, ho un dolore alla fronte e intorno agli occhi”.
E’ notte fonda, non saprei dire quanto, mentre riemergo da un sonno profondo. Cerco i suoi occhi nel buio della camera, misuro la richiesta di me nella modulazione della sua voce.
“Amore mio, vieni qui, che succede?”
“Non so. Ho un turbine di pensieri in testa e questo cerchio che mi tormenta”
“Stenditi sulla pancia, amor mio, concentrati sulle mie mani, va tutto bene, rilassa i muscoli del collo, sciogli le braccia, amore, siamo io e te, e siamo qui”.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Amore mio, un finale dolcissimo, come le tue mani su di me.

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