sabato 19 luglio 2008

Giappone. Primo giorno: sudore, freddo e fatica.


Quaggiù, in questo estremo lembro di terra sospinta a oriente, mentre voi tutti vi sollazzate nel caldo pomeriggio di una sabato italiano, noi si suda, si fatica e si muore di freddo.
Fuori un caldo (ma siamo a Bombay?) umido che ti spolpa. Al chiuso, nei ristoranti nei bar in metropolitana nei negozi, un gelo che ti condensa il sudore in rugiada che si deposita sulla schiena.
E ora, alle undici di sera del nostro primo giorno edochiano, siamo già rientrati in albergo. E siamo stanchi morti, letteralmente fatti a pezzi da dodici ore di volo schiacciati come chicchi di riso in un maki di tonno e da una lunghissima giornata passata a riempirci gli occhi (e la bocca) con le strabilianti meraviglie di Shibuya e Omotesando.
Così stanchi e frollati, i piedi in ebollizione, da non riuscire a mettere insieme un discorso articolato e sensato.

Andiamo per punti, almeno.
1) Dall'aeroporto all'albergo in Ueno, su quel gioiello di pulizia e silenzio che è il Nex e, con una rapido salto, sulla Yamanote, è stato talmente facile trovare il modo di arrivare, che ci siamo chiesti quando pagheremo il conto.
2) Quella successione di risaie tra Narita e la Tokyo station ricorda molto da vicino un qualche film di una guerra sanguinosa del sud-est asiatico.
3) Non ho mai visto (io, Nathan) case tanto fitte, all'apparenza di marzapane, e addossate l'una all'altra e tetti così spioventi e luccicanti (forse solo in Valle d'Aosta, ma questo è un altro discorso...)
4) Di inchini se ne fanno quanti? Ne ho contati anche tre. E, se lo spazio è sufficiente (cioè, quasi mai) fino a 90 gradi.
5) Dobbiamo imparare le formule di saluto e di ringraziamento che qui vengono ripetute allo spasmo con soavi cantilene.
6) Se il denaro, come si usa qui, si prende e si dà tenendolo con due mani e un accenno d'inchino (cantilena compresa), come mi organizzo se con una tengo il portafoglio, con l'altra lo zaino della Francese, la guida lonely, lo zoom e un onigiri sempre pronto al morso?
7) Il sushi! A Shibuya, in un caos di cuochi vocianti e avventori affamati, abbiamo mangiato quanto siamo soliti fare a Firenze e dintorni. Al prezzo di 5 euro a testa. Davvero. Non ci volevo credere nemmeno io.
8) Shibuya. Sbarcare per la prima volta in Giappone e fiondarsi in questo quartiere è l'esperienza psichedelica che ancora mi mancava. Milioni e milioni di giapponesi, tutti lì, di tutte le forme, tutti i colori, tutte le marche. Bellissimo. Quando al semaforo dell'incrocio più famoso del mondo scatta il verde... una marea che in confronto Mont-Saint-Michel è una barzelletta.
9) Omotesando: ecco perché il made in Italy esiste ancora! (copyright La Francese). Griffe e archittettura di grido, ma più che altro shopper intorno alle braccia di tutti (anche dei cani portati a spasso in passeggino). Ma soprattutto incantevoli le vie intorno, le case basse, le architetture inverosimili.
10) vabbè basta, buonanotte.

per ora.
ah, alle foto pensa la Francese.

3 commenti:

Claudia Casu ha detto...

Tenete duro ragazzi e continuate ad aggiornarci ^^

Anonimo ha detto...

Che bello leggervi in diretta da Tokyo! Credetemi, se al primo giorno siete rientrati addirittura (altro che "già"!) alle 11, dopo tutto quel giro e vi son rimaste le forze per un post... avete proprio un gran fisico! Le "prime impressioni" su Tokyo sono in sintonia con quelle che provavo io... a volte vorrei tornare indietro e sentire di nuovo com'è vedere l'incrocio di Shibuya per la prima volta... Se ci ricapitate, godetevelo dall'alto, dalle vetrate dello Starbucks giusto di fronte alla stazione. Uno dei miei Tokyo-luoghi preferiti.

Anonimo ha detto...

ma sapete dove siamo ora? non possiamo proprio fare a meno di voi a quanto pare! siamo a Ginza, all'Apple Center :) libidine!

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